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A Termini Imerese gli operai Fiat scioperano contro le parole di Marchionne

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 16:18.

Sciopero alla Fiat di Termini Imerese. Gli operai hanno deciso di fermare la produzione per protesta contro le parole dell'amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne che aveva criticato i lavoratori siciliani accusandoli di avere scioperato lunedì scorso solo per poter vedere la partita di calcio dei Mondiali Italia-Paraguay.

A Pomigliano si attende il referendum di martedì. «Se la vicenda di Pomigliano dovesse concludersi negativamente, la responsabilità della Fiom sarebbe straordinaria». Si scalda l'attesa per il referendum di martedì, quando i lavoratori dello stabilimento campano si dovranno pronunciare sul piano elaborato dall'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne per spostare lì la produzione della Panda. A rilanciare le accuse alla Fiom è il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, confrontandosi con il segretario dei metalmeccanici della Fiom Maurizio Landini nella trasmissione "In m ezz'ora" su Rai Tre

Il ministro del Welfare si dice «molto preoccupato circa le possibili decisioni della Fiat», anche se «il governo ovviamente farà in modo che il gruppo Fiat aderisca a questa ipotesi di investimento». Oltre alla scansione della produzione in 18 turni, l'aumento degli straordinari e una serie di sanzioni, dal blocco dei contributi fino al licenziamento, in caso di sciopero in giorni di straordinario obbligatorio. Due commissioni paritetiche saranno chiamate a gestire questi meccanismi: la prima si occuperà del «raffreddamento» delle sanzioni legate agli scioperi, l'altra passerà al vaglio i casi di assenteismo «anomalo» per i quali l'azienda chiede di non pagare la quota di malattia.

Proprio i buchi di produttività e le contromisure del Lingotto sono al centro del «no» opposto dalla Fiom, che parla di lesione dei diritti di sciopero e di referendum «illegittimo», perché dedicato anche a materie non negoziabili, e di «ricatto». Solo con un'adesione ampia, come ha chiarito Marchionne nei giorni scorsi, ci saranno le condizioni di sicurezza per far partire l'investimento da 700 milioni ed evitare che la produzione si stabilisca a Tichy, in Polonia.

Ruota tutta su questi punti la sorte di Pomigliano, come ha ricordato Sacconi: «Nel metodo - ha spiegato - serve la disponibilità delle parti a individuare il modo di risolvere insieme i problemi, a partire dall'assenteismo anomalo» che in passato, ad esempio, ha allontanato dalla fabbrica migliaia di lavoratori impegnati a fare i rappresentanti di lista in occasione di turni elettorali. Sui limiti allo sciopero, però, la Fiom non sembra intenzionata a negoziare, e il suo segretario Landini ha invitato il ministro Sacconi a «dire che per investire in Italia bisogna cancellare la Costituzione».

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Tags Correlati: Fiat | Fiom | Investimenti delle imprese | Italia | Italia (squadra) | Lello Russo | Maurizio Landini | Maurizio Sacconi | Napoli | Paraguay (squadra) | Pomigliano | RAI | Scioperi | Sergio Marchionne | Termini Imerese

 

Dopo la fiaccolata di sabato, in cui 5mila persone hanno sfilato per le strade della cittadina campana per chiedere il «sì» all'accordo, si moltiplicano gli attori in campo per il via libera al referendum. Lunedì mattina si riunisce a Napoli il consiglio regionale per una seduta monotematica sulle prospettive dello stabilimento, mentre provincia e comune di Napoli hanno scelto proprio Pomigliano per una riunione congiunta dei rispettivi consigli, anch'essa in programma lunedì. Anche il sindaco di Pomigliano, Lello Russo, si schiera in prima persona per il sì all'intesa: «L'accordo va difeso - spiega - perché non è assolutamente vero che calpesta i diritti dei lavoratori».

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