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Sepe e Lunardi indagati a Perugia per corruzione

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 08:04.


ROMA
Il cardinale Crescenzio Sepe e l'ex ministro Pietro Lunardi sono indagati per corruzione a Perugia. Si tratta di due diversi tronconi dell'inchiesta sui Grandi eventi del G-8. Il cardinale era stato chiamato in causa dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, per un'appartamento in via Giulia a Roma utilizzato dal sottosegretario. L'alto prelato, oggi arcivescovo di Napoli, ha infatti guidato Propaganda Fide, il dicastero delle missioni del Vaticano. E il capo della protezione civile ha riferito agli inquirenti che la casa di via Giulia dove abitò per un periodo nel 2003 gli venne messa a disposizione gratuitamente, dopo aver parlato con Sepe, attraverso il manager Francesco Silvano, collaboratore dell'organizzazione religiosa guidata all'epoca dal cardinale, poi rimosso da papa Ratzinger e sostituito con Ivan Diaz. Dall'indagine però è emerso che l'appartamento è di proprietà di Raffaele Curi e a pagare l'affitto nel periodo in cui abitava Bertolaso sarebbe stato l'architetto Angelo Zampolini, accusato nell'inchiesta perugina di avere riciclato denaro di provenienza illecita che gli investigatori sospettano sia giunto dal costruttore Diego Anemone. Circostanza però sempre negata dal capo della protezione civile, mentre Curi ha sostenuto di non avere «mai sentito parlare» né del cardinale Sepe né nel professor Silvano o di Anemone.
È chiaro che non tornano molti passaggi e i pm vogliono andare a fondo. Per il cardinale l'indagine riguarda in particolare la ristrutturazione e la vendita di alcuni immobili di Propaganda Fide nel 2005, operazioni in cui risulterebbe coinvolto Anemone. Il sospetto degli inquirenti perugini è che Sepe abbia ricevuto in cambio dei favori. Per l'arcivescovo, ora, si pone il problema delle procedure: potrebbe essere necessaria una rogatoria con il Vaticano. In serata comunque fonti vaticane hanno sottolineato che il cardinale «aveva già dato la sua disponibilità a parlare con i pm» e dunque «lo farà e chiarirà la sua posizione». È possibile, poi, che la procura umbra voglia sentire anche Silvano, che tuttavia non è in buone condizioni di salute.

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Tags Correlati: Alberto Caperna | Angelo Zampolini | Banca di Roma | Chiesa cattolica | Corte di Cassazione | Crescenzio Sepe | Diego Anemone | Firenze | G8 di Genova | Ilaria Calò | Napoli | PDL | Perugia | Pietro Lunardi | Propaganda | Roberto Felici | Salaria Sport Village

 

Si aggrava anche la posizione di Lunardi che, in una recente intervista su un quotidiano, si era difeso: «Ho avuto favori, che male c'è?». L'ex ministro delle Infrastrutture ha riconosciuto che Diego Anemone gli aveva ristrutturato a prezzo di costo un appartamento di 220 metri quadri. Lunardi afferma, inoltre, di aver aiutato l'imprenditore di Grottaferrata ad acquistare i terreni della Banca di Roma dove poi sarebbe stato edificato il futuro Salaria Sport Village. E di aver raccomandato Anemone perché «era un amico di Balducci, un mio funzionario». Certo, Lunardi ha sostenuto di essere «pronto a portare le carte in procura». Ma l'intervista ha sollevato molto stupore e i pm vogliono vederci chiaro: l'ex ministro, a questo punto, dovrà andare a Perugia con i suoi avvocati e non come semplice testimone.
Sul fronte fiorentino dell'inchiesta, i magistrati stanno valutando i documenti acquisiti in alcuni studi tecnici di Firenze e nella sede centrale della società Btp di Riccardo Fusi, a Calenzano. Si tratta di atti relativi al filone dell'inchiesta sull'appalto per la scuola marescialli dei carabinieri nel capoluogo toscano, che vede a processo Angelo Balducci, Fabio De Santis e Guido Cerruti. Fra gli indagati – ma le loro posizioni sono state stralciate – anche Riccardo Fusi e il coordinatore del Pdl Denis Verdini. Sul futuro del procedimento, però, pende l'incognita della competenza territoriale. La decisione della Cassazione del 10 giugno, infatti, sembrerebbe suggerire il trasferimento degli atti a Roma. Dovrebbe essere lo stesso tribunale di Firenze, il 6 luglio, a dire l'ultima parola e decidere se il processo fiorentino dovrà continuare o chiudersi, praticamente prima di iniziare, e il procedimento passare a Roma, dove la procura intanto ha già aperto un fascicolo ad hoc. Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e i pm Ilaria Calò e Roberto Felici stanno leggendo i 40 faldoni di atti giunti dal capoluogo toscano. I pubblici ministeri romani hanno tempo fino al 30 giugno per pronunciarsi sulle misure di custodia cautelare degli indagati, in particolare Balducci e De Santis ancora in carcere.
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