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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2010 alle ore 18:24.
Sereno e allo stesso tempo determinato e pronto a perdonare chi ha voluto "colpirlo". In una lettera pastorale di tre pagine il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, affida a fedeli e giornalisti la sua versione dei fatti circa l'inchiesta Grandi Eventi condotta dalla Procura di Perugia che lo vede indagato per corruzione. «Tre sono gli addebiti che mi vengono fatti, per la responsabilità che ho avuto in quanto Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, e riguardano - scrive l'arcivescovo di Napoli - la gestione del patrimonio immobiliare che ho cercato di inventariare, recuperare e valorizzare per rispetto a quanti nel tempo ne sono stati donatori e per tutelare le finalità, rappresentate dal sostegno alle attività missionarie nei Paesi più poveri e dimenticati della Terra».
In merito alla concessione di un alloggio in via Giulia al capo della Protezione civile Guido Bertolaso, il cardinale ricorda che «l'esigenza mi venne rappresentata dal dottor Francesco Silvano. In prima istanza, feci avere a Bertolaso ospitalità presso il Seminario, ma mi furono rappresentati problemi di inconciliabilità degli orari, per cui incaricai lo stesso dottor Silvano di trovare altra soluzione, della quale non mi sono più occupato - aggiunge - né sono venuto a conoscenza, sia in ordine all'ubicazione e sia in ordine alle intese e alle modalità».
Quanto, poi, alla vendita di un palazzetto in via dei Prefetti all'ex ministro Pietro Lunardi, Sepe ricorda: «Si trattava di un immobile che presentava, in maniera evidente e seria, segni di vecchiaia e di precarietà, rappresentati più volte anche dagli stessi inquilini. Fu disposto un sopralluogo ricognitivo eseguito dai tecnici della Congregazione, i quali fecero anche una valutazione dei lavori necessari, preventivando anche la spesa che fu ritenuta troppo onerosa per le casse della Congregazione, per cui venne presa in considerazione l'opportunità della vendita, ponendosi a carico del futuro acquirente l'onere della ristrutturazione. Gli stessi tecnici - scrive ancora Sepe - ne stimarono il valore, tenendo conto, evidentemente, delle condizioni dello stabile. Ciò, secondo i tecnici, decurtava sensibilmente l'entità del corrispettivo così come il fatto che era totalmente occupato da inquilini. Tutto ciò, la stima e la determinazione del prezzo di vendita, avveniva in un'epoca nella quale non era stata concretizzata alcuna offerta di acquisto. Solo successivamente - aggiunge l'arcivescovo di Napoli - mi fu riferito che l'Onorevole Lunardi aveva espresso il proprio interesse all'acquisto e fu avviata una trattativa che si concluse sulla base della valutazione fatta e di quella che si aggiunse attraverso il coinvolgimento di un istituto di credito, per la concessione di un mutuo. La somma, incassata peraltro immediatamente, venne trasferita alla Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica) perché - conclude Sepe - fosse destinata a tutta l'attività missionaria nel mondo».