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Sul ddl Alfano si cerca la via d'uscita

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 08:03.


Un'accelerazione che è anche una frenata. Silvio Berlusconi convoca per oggi, a palazzo Grazioli, lo stato maggiore del Pdl per fare il punto della situazione su manovra economica e intercettazioni. Impossibile ignorare l'esortazione di Giorgio Napolitano ad accantonare il ddl Alfano per non intossicare il clima politico e istituzionale proprio ora che il Parlamento è alle prese con la manovra economica. Vale a dire, fino alla chiusura delle Camere per ferie. Il premier è quindi costretto a rivedere il suo piano - o almeno quello segretamente coltivato - di approvare il ddl intercettazioni entro luglio a Montecitorio, con «tre, quattro modifiche», quelle «strettamente necessarie a superare l'ostacolo del Quirinale» e, quindi, anche dei finiani. Le lancette vanno spostate necessariamente avanti perché non si può giocare una partita se manca uno dei giocatori. E non c'è dubbio che il presidente della Camera Gianfranco Fini, dopo l'invito del Colle a frenare, non metterà la quarta al provvedimento più contestato del momento, che suscita polemiche persino in Europa e oltreoceano.
«Il tempo parlamentare non lo stabilisce il governo, se ne occuperà la conferenza dei capigruppo», diceva ieri il ministro della Giustizia Angelino Alfano, pur ribadendo che sulle intercettazioni sono «maturi i tempi per una decisione». Peraltro, il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto dava una lettura riduttiva delle parole di Napolitano, affermando che la manovra «deve avere la priorità» ma «nulla impedisce alla Camera di arrivare a una definizione della legge prima della pausa estiva». Fatto sta che alla conferenza dei capigruppo di ieri il tema non è stato sollevato. Farlo sarebbe stato uno sgarbo verso il Quirinale. Nel vertice odierno a palazzo Grazioli si cercherà una via d'uscita.
Il nodo da sciogliere è se muoversi comunque sulla strada delle modifiche al testo licenziato dal Senato per dare, ai finiani e ai leghisti, un segnale immediato di apertura e arrivare a un accordo da suggellare al prossimo ufficio di presidenza del Pdl. A lavorare alle correzioni è, come sempre, il consigliere giuridico del premier, Niccolò Ghedini, coadiuvato da Alfano. Ma quali correzioni? La finiana Giulia Bongiorno, relatrice del ddl e presidente della commissione Giustizia, ne ha individuate diverse. Troppe, secondo il Pdl. «Delle 7-8 modifiche indicate dalla Bongiorno – spiegava ieri un berlusconiano – bisogna vedere quali sono considerate veramente necessarie dal Quirinale. Ma se il Quirinale frena, quest'analisi non si può fare». Il ragionamento parte dal presupposto, sottolineato da Umberto Bossi, che per uscire dall'impasse intercettazioni si debba «trattare» con il capo dello Stato. Che, però, non ha alcuna intenzione di diventare un «coautore» del provvedimento e, quindi, di partecipare a trattative. Napolitano lo ha detto e ripetuto: dall'angolo in cui è finita la maggioranza, si esce soltanto seguendo la via di un approfondito confronto parlamentare. Ma il confronto rischia di essere infuocato e, in questo momento di crisi economica, il paese non può permetterselo.

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Tags Correlati: Angelino Alfano | Camera dei deputati | Gianfranco Fini | Giorgio Napolitano | Giulia Bongiorno | Montecitorio | Niccolò Ghedini | PDL | Presidenza della Repubblica | Senato | Silvio Berlusconi | Umberto Bossi

 

Secondo una scuola di pensiero del Pdl, le modifiche vanno comunque presentate per portare una «schiarita» nei rapporti interni alla maggioranza e con l'opposizione. In tal caso, la prossima Conferenza dei capigruppo (30 giugno) potrebbe incardinare il provvedimento in aula a fine luglio, una volta licenziata la manovra economica, per votarlo ad agosto. Ma resterebbe una forzatura, obiettano i finiani, destinata a infuocare il clima negli stessi giorni del via libera definitivo del Senato alla manovra. Per di più, con ricadute negative sul Lodo Alfano bis, lo scudo per le alte cariche dello Stato, che Berlusconi ha fretta di incassare e che potrebbe essere approvato già a luglio al Senato, in prima lettura: ieri la commissione Affari costituzionali ha chiuso la discussione generale e domani scade il termine per gli emendamenti.
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