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Tra Torino e Polonia connubio dal 1920

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 08:02.

Sino a un certo punto la prospettiva di trasferire la produzione della Nuova Panda da Pomigliano in Polonia ha a che fare solo con i più recenti sviluppi della globalizzazione. È infatti dal novembre 1920, con la creazione della Polski Fiat, che il gruppo torinese è di casa in Polonia. A quel tempo s'era appena conclusa la guerra con la Russia sovietica, che aveva segnato per i polacchi la conquista a tutti gli effetti dell'indipendenza, grazie alla vittoria del maresciallo Josef Pilsudski contro l'Armata Rossa.

E in Italia il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che aveva nominato il direttore de «La Stampa» Alfredo Frassati ambasciatore a Berlino, puntava su una politica estera più attiva anche nell'Europa centro-orientale. Perciò, una volta conclusasi l'occupazione delle fabbriche da parte degli operai, avvenuta nel settembre 1920 sulla scia delle suggestioni rivoluzionarie della corrente massimalista del Partito socialista, Agnelli era stato incoraggiato dal governo ad ampliare il raggio d'azione della Fiat dai Balcani all'area danubiana sino alla Polonia. Tanto che a metà degli anni Venti quanto essa esportava in quest'area d'Europa rappresentava oltre un quinto della sua produzione totale.

Ma era stata soprattutto la Polonia a rivelarsi un mercato promettente. Perciò nel settembre 1931 la Fiat aveva deciso di avviare una produzione su licenza tramite un accordo con lo stabilimento statale della Pzinz (facente capo al Genio Militare) per la fabbricazione sia di auto (come la Balilla 508 e l'Ardita 518) che di veicoli industriali (anche in versione militare), che era giunta tre anni dopo a coprire rispettivamente la metà e il 70 per cento della domanda locale. E ciò aveva contribuito non solo ad alleviare le conseguenze per la Fiat della crisi mondiale del 1929 ma anche ad assicurarle la fornitura da parte della Polonia di ferro, acciaio, carbone e olii minerali.

Si spiega pertanto come la Casa torinese, che era riuscita in passato a reggere la concorrenza dell'industria automobilistica tedesca sul mercato polacco, avesse poi assistito con crescente apprensione alle mire della Germania hitleriana verso l'Est europeo. Anche perché la consociata polacca era arrivata nel 1938 a estendere la sua attività ai motori e apparecchi d'aviazione, alle autoblindo e ai carri ferroviari.

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Tags Correlati: Alfredo Frassati | Armata Rossa | Germania | Giovanni Giolitti | Imprese | Italia | Josef Pilsudski | Ministero del Tesoro | Partito Socialista | Polski Fiat | Russia | Varsavia

 

Dopo la fine della guerra, da Torino ci si era affrettati a trattare con il governo comunista polacco un nuovo accordo per la produzione di automobili su licenza, che, siglato nel 1948, aveva rimesso in funzione due anni dopo lo stabilimento di Varsavia, sotto la denominazione di Fabryka Samochodow Osobowych. Ma, nel mezzo della "guerra fredda", da Washington si era fatto capire a Valletta che, se la Fiat voleva usufruire ancora degli aiuti del Piano Marshall, doveva lasciar perdere i suoi affari in Polonia.

Da allora passò una quindicina d'anni prima che la Fiat tornasse a Varsavia, con un contratto di licenza stipulato con le autorità polacche nel 1965 per la costruzione di una variante della "125" in numerose versioni adatte alle condizioni locali. Fu questo il prologo di una crescente presenza della Fiat in Polonia, che trovò poi definitiva consacrazione sul finire degli anni Ottanta, allorché a Varsavia si decise di avviare una motorizzazione di massa. Di qui l'allestimento di una fabbrica a Tychy per la produzione della Nuova 500 (da attivare entro il giugno 1991) e poi, in seguito a ulteriori negoziati, per la fabbricazione di una vettura sostitutiva della "125" e di componenti per altri modelli.

Che si trattasse di una "rentrée" in grande stile, risultava dal fatto che la Fiat avrebbe operato sulla base di un impianto con una linea di stampaggio del tutto meccanizzata, un reparto di lastratura dotato di 70 robot e un altro di verniciatura fra i più moderni d'Europa, un sistema di magazzinaggio a gestione computerizzata, e un reparto di assemblaggio composto di sottogruppi via via collaudati. Nel maggio 1992 fu poi la volta di un nuovo accordo, in regime di privatizzazione, che diede vita alla Fiat Poland, con un capitale intestato per il 90 per cento alla Casa torinese e il restante al Tesoro polacco.

Dunque, una "lunga marcia" quella della Fiat in Polonia, che data da novant'anni e che per di più è stata patrocinata e assecondata, nel secondo dopoguerra, dal governo comunista di Varsavia, ancor prima dell'intesa fra Torino e Mosca per lo stabilimento di Togliattigrad. E che adesso, qualora non andasse in porto un accordo con i sindacati su Pomigliano, potrebbe conoscere ulteriori consistenti sviluppi all'insegna della politica di delocalizzazione/internazionalizzazione in corso da parte delle principali firme dell'industria automobilistica.

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