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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 13:53.
Le condizioni poste dalla Fiat sono "dure", altre aziende sono pronte a mostrare i muscoli, i sindacati sono furenti ma indeboliti. In un reportage da Pomigliano d'Arco, richiamato sulla homepage del suo sito, il Financial Times sottolinea che in questo scontro è in gioco molto di più della sorte dello stabilimento campano.
"Il governo di centro-destra di Silvio Berlusconi e gli industriali", scrive Guy Dinmore, "vedono il voto come uno spartiacque nella storia delle relazioni industriali": aziende come la Fiat mostrano i muscoli contro un sindacato che un tempo era potente e ora è "indebolito dal processo di globalizzazione".
Sergio Marchionne, ricorda il Ft, ha indicato che avrebbe chiuso l'impianto con i suoi 5.300 lavoratori se non avesse raggiunto sufficiente consenso, ma "non ha definito" il livello di consenso ritenuto sufficiente.
"Questo è ricatto", ha detto al Ft Massimo Brancato, leader della Fiom di Napoli, che ha respinto l'offerta di Marchionne. "Se voti sì, mantieni il salario. Se no, sei senza lavoro".
Brancato, riferisce il quotidiano britannico, afferma che Finmeccanica e Indesit intendono fare lo stesso tipo di contratto se Fiat riesce a imporre le sue condizioni.
Marchionne ha promesso di investire 700 milioni di euro a Pomigliano e di trasferirvi la linea di produzione della Panda dalla Polonia. In cambio – spiega il Financial Times - i lavoratori devono accettare pause più brevi, straordinari obbligatori più lunghi, sanzioni contro quelle che la Fiat definisce "livelli inaccettabili" di assenze per malattia, restrizioni al diritto di sciopero.
L'approccio "prendere o lasciare" di Marchionne – continua il Ft - ha fatto arrabbiare i sindacati, con la Fiom che dice che le sue offerte di negoziare sono state respinte. L'ad Fiat – aggiunge - ha fatto infuriare i lavoratori quando li ha accusati di avere inscenato uno sciopero all'impianto siciliano di Termini Imerese perché volevano guardare la prima partita dell'Italia ai Mondiali.
"Non siamo schiavi. Voglio lavorare con dignità", ha detto al Ft un lavoratore che ha votato contro il piano. Ma la maggioranza hanno detto di avere votato a favore "perché non avevano scelta". "L'alternativa è chiudere l'impianto e perdere il lavoro", ha detto una donna. "E' questa l'economia mondiale in cui ci troviamo".