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Tutte le colpe del presidente

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 13:19.

Barack Obama ha un problema con i suoi generali. E i suoi generali hanno una capacità incredibile di cacciarsi nei guai. L'intervista a Rolling Stone del comandante delle truppe americane in Afghanistan, Stanley McChrystal, non è il primo né l'unico esempio di insubordinazione soft dei generali di Obama alle indicazioni del comandante in capo. McChrystal si è fatto un nome per aver guidato le forze speciali in Iraq ai tempi di Bush, le attività coperte in Afghanistan e quella che Newsweek ha definito «l'ala più segreta dell'esercito americano». Forse è per questa sua predispozione ad agire nell'ombra che poi si comporta da imbranato quando qualcuno gli piazza un microfono davanti o è costretto ad avere a che fare con la stampa. Ma magari c'è altro.

McChrystal aveva già litigato rumorosamente con l'ambasciatore a Kabul, l'ex generale Karl Eikenberry, sulla strategia da seguire in Afghanistan. E i dettagli sono finiti sui giornali. Quando «il rapporto McChrystal» sulla nuova strategia da seguire a Kabul è giunto alla stampa, probabilmente per influenzare le decisioni di Obama, sono stati in molti a immaginare una responsabilità diretta dello staff del generale, anche se poi è stato proprio Obama ad ammettere di aver gestito «stupidamente» il dossier.

Ogni volta che McChrystal parla scatena grandi polemiche, una volta per le critiche alle idee del vicepresidente Joe Biden, un'altra per i tentennamenti di Obama. È successo quando ha chiacchierato con i giornalisti di 60 Minutes, quando il New York Times magazine gli ha dedicato una copertina e quando ha concesso un'intervista a Newsweek. Anche al generale David Petraeus - l'uomo della svolta in Iraq promosso da Obama alla guida del Central Command e gran protettore di McChrystal - è capitato di esprimere i dubbi sul lento processo decisionale del presidente. Jonathan Alter ha raccontato in The Promise che l'anno scorso Obama ha avviato il processo di ridiscussione strategica dell'Afghanistan sottolineando che «negli otto anni precedenti i militari hanno ottenuto qualsiasi cosa chiedevano» e che invece il suo compito sarebbe stato di «frenare le richieste». Alla fine, in realtà, ha concesso ai militari ciò che volevano e ha addirittura triplicato il numero dei soldati rispetto a quanti ne aveva lasciati Bush.

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Tags Correlati: Barack Obama | Bob Gates | Graham Lindsey | Iraq | Joe Biden | Joe Lieberman | Jonathan Alter | Kabul | Karl Eikenberry | Rolling Stones | Senato | Società dell'informazione

 

McChrystal questa volta l'ha combinata grossa. Ha chiesto scusa, ma probabilmente non basterà. Obama non può permettere che la sua autorità di "commander in chief" sia messa in discussione. Il generale è stato convocato d'urgenza a Washington («tutte le opzioni sono sul tavolo» ha detto il portavoce del presidente, neanche stesse parlando di Iran) e in serata pare abbia offerto le dimissioni. La sinistra ha chiesto la sua testa, ma la prova che il guaio sia irreparabile è arrivata dalla presa di distanza di John McCain, Joe Lieberman e Lindsey Graham, i tre politici più pro-militari del Senato.

Non si può però liquidare l'episodio come la leggerezza di un generale incapace di gestire la sua immagine. Nella catena di comando di Washington un problema c'è. Tre giorni fa il capo del Pentagono Bob Gates ha smentito le parole di Biden secondo cui entro luglio del prossimo anno la gran parte delle truppe americane sarà fuori dall'Afghanistan. Non è la prima volta che gli uomini di Obama si contraddicono pubblicamente. La responsabilità di questo caos è del comandante in capo. È stato lui a tollerare la faida interna, a cambiare idea su quasi tutto e a rendere impossibile la pianificazione di una coerente strategia politica e militare.

Obama e McChrystal non hanno fatto una bella figura. Ma il problema non è di immagine. Il problema è di sostanza. Entrambi guidano una guerra delicata, necessaria e decisiva. Una guerra che non può essere combattuta, e magari persa, sulle colonne di una rivista di musica.

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