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Berlusconi: no a chi sfascia il Pdl

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 08:08.

ROMA - «Adesso basta». Silvio Berlusconi è preoccupato per il proliferare di associazioni anche tra i suoi fedelissimi. L'appello benevolo dell'altro giorno, quel «non facciamoci del male da soli» rivolto a quanti nel partito si vanno autorganizzando non è stato sufficiente. E così il Cavaliere ha preso carta e penna per far sapere con una nota ufficiale che lui è «contrario» a «qualsiasi frammentazione», sia pure «mascherata da associazione o fondazione» che «possano dare l'impressione di dar vita a correnti» dentro il Pdl.
Nel mirino stavolta non ci sono però i finiani. O meglio non solo loro, alcuni dei quali (Menia e Moffa) proprio ieri hanno dato vita a una nuova componente dal nome un po' nostalgico: Area nazionale, ovvero An. Bensì coloro che magari in nome dell'unità del partito, anzi della stessa leadership del Cavaliere si stanno dando da fare. Il prologo era già nelle parole pronunciate da Berlusconi sul sito Forzasilvio.it. Il premier, rispondendo alla domanda di un sostenitore, aveva ammonito che «incrinare» l'unità del Pdl sarebbe «un errore imperdonabile» contro cui si opporrà «con tutte le sue forze».

L'avvertimento giunge alla vigilia del viaggio che lo terrà lontano dall'Italia (Canada, Brasile e Panama con una sosta forse ad Antigua) per una decina di giorni. Berlusconi ne aveva già parlato martedì con i coordinatori nel vertice a Palazzo Grazioli, nel quale era stato messo soprattutto l'accento sull'ultima nata tra le associazioni, quella del duo Gelmini-Frattini, Liberamente, che è stata vista come una sorta di corrente degli ex Fi. Frattini è corso immeditamente ai ripari. «Berlusconi ha ragione», ha detto il ministro degli Esteri che si è sentito con il premier e che ci tiene a precisare che la sua Liberamente «è aperta a tutti» e si propone di concorrere «all'assoluta unità del Pdl». In realtà, la nascita di questa nuova creatura è anche il prodotto della difficoltà che gli azzurri sostengono di avere nel confronto con gli ex An. E non tanto con i finiani, che «ormai sono per conto loro», ma piuttosto con coloro rimasti con quelli che una volta venivano soprannominati i colonnelli di An. Nel Lazio come in Lombardia gli esempi di contrasti sono numerosi. Il rischio che tutto questo possa tradursi in un proliferare di correnti e correntine è tangibile. Di qui la mossa del premier, che però accusa anzitutto Gianfranco Fini. «È lui che ha dato la stura a quanto sta avvenendo», è l'accusa mossa al presidente della Camera. Fini però non arretra. E anche ieri i suoi (sul sito di Generazione Italia) hanno dato battaglia, criticando la decisione dei tre coordinatori di convocare a sorpesa per oggi (a ridosso della partita della nazionale) la direzione del partito per l'approvazione del bilancio. I due cofondatori del Pdl nonostante i tentativi delle rispettive diplomazie restano distanti. La nomina a sorpersa di Aldo Brancher a ministro certo non ha aiutato. L'accordo sulle intercettazioni ancora non c'è. Berlusconi continua a esternare contro i «giudici politicizzati» mentre il Consiglio d'Europa lo critica con un documento ad hoc proprio per i ripetuti attacchi ai magistrati. Intanto resta sempre vacante il posto di ministro allo Sviluppo. La Lega è tornata a sponsorizzare il trasferimento di Giancarlo Galan quale successore di Scajola, per riprendersi il ministero dell'Agricoltura. C'è chi sostiene che le basterebbe anche sostituire Galan con il più "amico" Brancher riappropriandosi così in toto dei ministeri federalisti.

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