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L'americano Isner vince la maratona tennistica dopo 11 ore con il risultato di 70-68 all'ultimo set

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 18:07.

Ne resterà uno solo. Come nel duello tra gli Highlander. Solo che a disputarsi il match più incredibile della storia non sono stati certo due immortali del tennis.
Da una parte John Isner, uno spilungone di oltre due metri, più simile ad un cestista da Nba che ad un guerriero con la racchetta. Non un fulmine se, come lui stesso ha detto, il soprannome "Granpa" gli è stato affibbiato ai tempi del college per via della sua lentezza. Un gigante che, per forza di cose, trae le forze necessarie per issarsi al 19esimo posto del ranking da un servizio al fulmicotone. Dall'altra parte della rete, Nicolas Mauht, ennesimo ex-enfant prodige del tennis francese, già campione di Wimbledon (ma solo nella categoria juniores) che si è perso via via per strada fino a veleggiare, di questi tempi, nei pressi del 150 posto in classifica. Uno che in tabellone nei tornei atp, ormai, ci entra passando le qualificazioni, per intenderci.

Ma non importa. Perché a loro due, carneadi del tennis, non a Federer e Nadal, è toccato giocare il match più incredibile della storia. Una partita talmente esagerata, per punteggio e durata, che sarà destinata a rimanere l'incontro dei record probabilmente per sempre. Un match che meriterebbe di essere studiato più dai medici e dagli scienziati per trarne nuovi spunti sulla resistenza fisica e psichica dell'uomo, che dagli appassionati di questo sport. Già perché stiamo parlando di una partita incominciata martedì pomeriggio e interrotta per oscurità, ripresa mercoledì ( poco dopo mezzogiorno), nuovamente sospesa alla sera e terminata soltanto oggi, appena prima delle 17. Un incontro durato tre giorni. A dirlo, non sembra ancora possibile.

Il duello infinito tra Mahut e Isner ha mandato in tilt perfino il tabellone che, ovviamente, non è progettato per questi punteggi a metà tra la fantascienza e il demenziale. E ha fatto saltare tutti i primati. Quello degli ace in un match: 103 il francese, 112 l'americano, per un totale di 215. Quello della partita più lunga della storia, con 11 ore e 5 minuti di gioco. Il record del set più lungo in uno Slam: era di Newcombe e Riessen con un 25/23 agli Us Open del '69. Roba da ridere in confronto allo score di 70/68 raggiunto da Isner e Mauht nell'ultima frazione. E poi, naturalmente, il primato dei games: addirittura 183 oltre a quello del quinto set più lungo di sempre per game (138) e durata.

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Tags Correlati: ANSA | Jimmy Van Alen | John Isner | Nba | Newcombe | Nicolas Mahut | Nicolas Mauht | Riessen | Roger Federer | Sport | Torneo di Wimbledon | US Open

 

Ma quello che viene da chiedersi al di là dei primati, perché è chiaro che questa è e resterà la partita da Guinnes per eccellenza, è come abbiano fatto due giocatori a lottare per 136 game consecutivi senza perdere mai il servizio. Ognuno può dare la sua interpretazione. Probabilmente, però, in maniera non dissimile (anche se infinitamente prolungata) da quello che accadde a Federer e Nadal nel 2008, i due devono essere entrati in una stato mentale più simile alla trance che alla concentrazione. Un mondo a parte nel quale conta solo tirare la pallina tra le righe e, soprattutto, macinare ace e servizi vincenti. Un universo fatto di erba e palline gialle che schizzano via, dove niente altro ha importanza, dove ogni movimento è meccanica. Nessuno spazio per la paura, per l'agitazione o l'ansia. Come in un videogame. Una battuta dopo l'altra, implacabili come macchine, rapiti dal mondo dei mortali.

Certo, al termine di un match così, l'organizzazione dovrebbe essere pronta a fornire un equipe di psicologi al tennista che esce sconfitto. In questo caso un Mauht , comprensibilmente sull'orlo delle lacrime. Chissà che cosa passerà, anche nei prossimi giorni, nella testa di un giocatore che perde una partita per 6-4, 3-6, 6-7 (7), 7-6 (3), 70-68. A leggerlo fa davvero impressione, semplicemente non è un punteggio tennistico. E, invece, è accaduto. Fosse per tutti coloro che chiedono a gran voce (le tv in primis) l'introduzione del tie-break anche al quinto set, non avremmo mai visto uno spettacolo così. Perché la soluzione inventata negli anni sessanta da Jimmy Van Alen sarà anche spettacolare e conclusiva ma assomiglia tanto ai rigori in un partita di calcio. Senza tie-break, a volte i tennisti devono invece trasformarsi in gladiatori.

Probabilmente, anche se non è dato saperlo con certezza, Mauht avrà modo di riprendersi e, alla fine, si godrà la soddisfazione di essere entrato a suo modo nella storia di questo sport. Perché entrambi gli Highlander si sono trovati un posto negli annali del tennis dal quale nessuno potrà mai scalzarli.A rileggersi le dichiarazioni di ieri, non a caso troviamo un Roger Federer che dice: «Sono entrato in campo che erano 11 pari al quinto set, ho finito il mio match di due ore e mezzo e 4 set con Bozoljac ed erano ancora lì. Da una parte vorrei essere uno di loro: stanno facendo un match che entrerà nella storia del tennis». Stupore, certo. Ammirazione, sicuro. Ma, probabilmente, anche un pizzico di invidia. Questa volta non è toccato a lui scrivere la storia.

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