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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 08:22.
Se non puoi vincere una guerra, fingi almeno di farlo. Aumentiamo le truppe per organizzare qualche offensiva, inventiamoci uno stato afghano che stia in piedi da solo, dotato magari di un Eldorado di metalli preziosi, e decidiamo l'inizio del ritiro. Ecco la data: luglio 2011. Una ricetta banale, forse infantile - avanzare e ritirarsi contemporaneamente - che però serviva a Obama in vista delle elezioni del 2012. L'importante, in questa visione del conflitto, è dichiarare vittoria un minuto prima che si sentano gli effetti negativi del ritiro. Ma è stata proprio questa la ricetta che non ha voluto inghiottire il generale Stanley McChrystal, forse intenzionato a vincere davvero la guerra. Con le sue dimissioni è caduta la maschera militare e mediatica sulla strategia americana.
In Occidente per la verità siamo stati gli ultimi a rendercene conto: il presidente Karzai, i talebani, i pakistani, gli iraniani, gli indiani - tutti quelli coinvolti in questo conflitto, Cina e Russia comprese - da un pezzo si comportano come se gli americani avessero le valigie pronte. Karzai, una decina di giorni fa, dopo aver fatto fuori il capo dell'intelligence, un uomo della Cia, confidava di non credere che gli Stati Uniti sarebbero mai stati capaci di vincere. Oggi difende McChrystal, consapevole che era la migliore guardia del corpo che gli avessero mai assegnato, l'unico, al contrario degli altri americani, a non battere ciglio davanti ai brogli elettorali che lo avevano riconfermato alla presidenza.
Ma come è iniziata questa guerra e, soprattutto, poteva andare diversamente? Se non ci fosse stato l'11 settembre con l'attacco alle Torri Gemelle, dell'Afghanistan a Washington non si sarebbe mai parlato. Il ritiro sovietico nell'89 era stato seguito da quello americano: vinta la guerra fredda gli Stati Uniti non avevano alcun interesse per la regione e lasciarono un vuoto che avrebbero pagato un decennio dopo. La maledizione dell'Afghanistan era in agguato ma veniva quasi ignorata: nell'agosto '98 Clinton si limitò a lanciare una manciata di inutili Cruise su Khost per spaventare Osama bin Laden, mandante degli attentati contro le ambasciate Usa in Kenya e Tanzania.