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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2010 alle ore 08:35.
Il ricorso al «legittimo impedimento» da parte del neo-ministro senza portafoglio Brancher è stato talmente repentino da sorprendere persino chi non aveva dubbi sul fatto che dietro la strana nomina ci fosse, in realtà, solo il desiderio di aggirare il procedimento giudiziario.
Ma ciò che stupisce ancor di più è la miopia politica con cui è stata orchestrata l'operazione. La quale in termini d'immagine si sta rivelando un serio passo falso del governo Berlusconi. È probabile che in altri tempi il premier sarebbe stato più accorto.
Avrebbe evitato di esporsi in modo tanto plateale alle critiche e alle ironie. E sarebbe stato in grado, almeno, di agire secondo logica: indirizzando quindi il suo protetto verso un ministero autentico, con una ragion d'essere, anziché verso una sigla priva di significato e subito contestata.
Se stavolta è andata così, i motivi possono essere due. Il primo è che il premier non era in grado di fare altrimenti e ha deciso, si potrebbe dire, in stato di necessità. Questo spiegherebbe tutto, a cominciare dall'immediata rincorsa al «legittimo impedimento» a opera di Brancher. Ma un presidente del Consiglio che non fosse padrone delle sue scelte susciterebbe dubbi inquietanti.
Più probabile la seconda ipotesi. E cioè che Berlusconi abbia giocato la carta Brancher sottovalutando le conseguenze della scelta. Conseguenze che investono, come è ovvio, la credibilità delle istituzioni e anche gli equilibri nel governo. Se si trattasse di questo, vorrebbe dire che il premier ha peccato di scarsa lucidità. E non sarebbe da lui, che ha sempre avuto il polso del'opinione pubblica. Del resto, tutto il balletto intorno alle poltrone ministeriali, in cui si distingue un Bossi sempre più preoccupato, la dice lunga sul caso in questione, prima e dopo il ricorso al «legittimo impedimento».
Ma c'è dell'altro. Ed è la dichiarazione dello stesso neo-ministro. Anziché rifugiarsi nel silenzio, come sarebbe stato opportuno, Brancher garantisce: «Non ho nulla da rimproverarmi». E spiega di aver rinviato l'incontro con i magistrati al prossimo 7 ottobre perché la sua priorità oggi è «l'organizzazione del ministero». Per il quale peraltro, sono sue parole, non c'è nemmeno il capo di gabinetto. Con ciò confermando che il ministero è inesistente, tanto che non è chiara nemmeno la denominazione da incidere sulla targa d'ottone.