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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2010 alle ore 10:47.
L'ultima modifica è del 26 giugno 2010 alle ore 11:21.
Non sarà un G-20 facile. Davanti ai fotografi i soliti sorrisi e abbracci, ma dietro le quinte un fondamentale disaccordo sull'exit strategy dalla crisi. Da una parte Stati Uniti e Francia che invocano ancora una politica di bilancio espansiva e chiedono alla Germania di aumentare il proprio disavanzo. Dall'altra la Germania, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale (in realtà un po' tentennante e indeciso) che ritengono sia giunto il momento di ridurre i disavanzi. Francesi e americani sbagliano sia dal punto di vista dell'economia che della politica.
Cominciamo dall'economia. La tesi di Francia, Stati Uniti, e di tanti commentatori europei è questa. Dopo la riunificazione la Germania era considerata "il malato d'Europa"; per uscire da questa situazione, il governo intraprese moderate riforme per aumentare la competitività dell'economia. Queste politiche ebbero un buon successo e crearono un avanzo commerciale grazie alla spinta alle esportazioni.
Secondo questa interpretazione, l'altra faccia di questa medaglia sarebbe il disavanzo commerciale dei paesi mediterranei. Dunque la Germania dovrebbe ridurre il proprio vantaggio competitivo per permettere a quei paesi di crescere di più con le loro esportazioni. Il modo più immediato ed efficace nel breve periodo è aumentare la spesa pubblica e il disavanzo di bilancio: questo aumenta la domanda d'importazioni tedesche e riduce il vantaggio competitivo delle aziende tedesche aumentandone i costi e le tasse. La spesa pubblica tedesca farebbe poi da stimolo alla domanda aggregata mondiale perché, questa visione conclude, ci sarebbe ancora bisogno di politiche di bilancio espansive nonostante la montagna di debito pubblico che i paesi Ocse stanno emettendo.
Questa visione si basa su quattro presupposti discutibili. Primo, è irrealistico chiedere a un governo di andare contro il proprio interesse per salvare altri paesi, tanto più dopo che per anni si è accusata la Germania di creare problemi al resto d'Europa a causa della riunificazione. La risposta di molti è che «una politica espansiva è nell'interesse stesso della Germania nel lungo periodo». Ma veramente si crede che sia nell'interesse di un governo annullare i guadagni di competitività delle proprie aziende, ottenuti con non indifferenti conflitti politici e sociali, per favorire la competitività degli altri paesi?