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Commenti e Inchieste

Un suicidio al ritmo di tango argentino

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2010 alle ore 13:00.

La "Lettera degli economisti", pubblicata il 16 giugno dal Sole 24 Ore, tenta di giustificare "scientificamente" dannose politiche populiste oggi invocate da più parti. In estrema sintesi: dalla crisi si può uscire solo con molto più stato e molta più spesa pubblica; i problemi d'indebitamento pubblico di alcuni paesi europei non hanno base reale; per risolverli è necessario e sufficiente che la Bce acquisti debito pubblico dei paesi in difficoltà, senza preoccuparsi di sterilizzare la quantità di moneta così emessa; responsabile della stagnazione è soprattutto la Germania, che adotta una politica fiscale "espansiva", ossia non s'indebita maggiormente.

Paul Krugman e altri commentatori anglosassoni sostengono tesi forse meno estreme ma non meno dannose, ma le presentano come verità rivelate da una teoria "keynesiana" tanto improbabile quanto incoerente. La lettera dei 100 ha il pregio di volerle giustificare teoricamente ed empiricamente. Il che offre l'opportunità di evidenziarne l'incoerenza logica e l'inconsistenza fattuale.

L'argomento di fondo è noto come teoria del sottoconsumo. Funziona, brutalmente, così: il sistema capitalistico diventa sempre più produttivo - nota 1: non viene spiegato come e perché - produce, o sarebbe capace di produrre, sempre più merci. Però, per aumentare i profitti, il "capitale" paga sempre meno i lavoratori i quali non possono comprare le merci prodotte, che rimangono invendute. Per dare sfogo alla sovrapproduzione (altro nome del sottoconsumo) il capitale finanziario presta soldi ai lavoratori perché essi acquistino l'invenduto (domanda cattiva: perché il capitale finanziario non presta tali soldi ai capitalisti? Poiché il reddito dei lavoratori mai cresce, come da marxiana ipotesi, mai possono ripagare tali debiti, da cui la crisi).

L'incoerenza logica è palese. I capitalisti, con i loro crescenti profitti, potrebbero comprarsele loro le merci. In secondo luogo, i teorici del sottoconsumo non sembrano capire che non di solo consumo vive l'uomo, ma anche d'investimento. Chi risparmia non tiene i soldi sotto il materasso, li investe. Terzo, ma non meno importante, errore logico: la sovrapproduzione è una fantasia perché risulta fisicamente impossibile ottenere profitti senza vendere le merci; se i profitti sono stati ottenuti, le merci devono essere state vendute!

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Tags Correlati: Bce | Germania | Italia | Mercato del lavoro | Paul Krugman | Spagna

 

Banalità logiche che sfuggono ai firmatari i quali sembrano non intendere che le recessioni sono dovute soprattutto a un'allocazione erronea degli investimenti. Nel caso 2007-? c'è stato troppo investimento nel settore immobiliare e in settori che producevano certi beni di consumo durevole; troppo poco in beni capitali e servizi avanzati come salute, energia, comunicazioni, educazione. La "crisi" consiste nel doloroso processo di riallocazione delle risorse da investimenti che si sono rivelati erronei a investimenti che ci auguriamo corretti. Poiché nessuno possiede la sfera di cristallo, nessuno sa oggi dire quali investimenti saranno un successo. Meno di tutti i funzionari ministeriali che, negli auspici dei 100, dovrebbero dirci cosa produrre e come.

È per giunta falso che la produttività del lavoro cresca più dei salari. Sia nella Ue che negli Usa, produttività del lavoro e salari crescono in parallelo, paese per paese, almeno dal secondo dopoguerra. È invece vero che, negli ultimi venti anni, il reddito disponibile alle famiglie è cresciuto meno della produttività in alcuni paesi europei, particolarmente in Italia: è sempre più intaccato da tasse, contributi e altri pubblici balzelli. I redditi delle famiglie sono stati erosi dallo stato, non dal mercato.

Veniamo alla Germania. L'argomento dei 100 è qui identico al precedente, basta sostituire "tedeschi" a "capitalisti" e "altri paesi europei" a "lavoratori". I tedeschi son diventati più produttivi - nota 2: perché gli altri no? -. Essi usano questa produttività per esportare facendo così consumare di più il resto degli europei, ben contenti d'indebitarsi. L'argomento è, ad essere cauti, risibile.

Non c'è relazione quantitativa possibile fra il deficit commerciale di Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna con la Germania e il loro livello indebitamento pubblico: il paese con il maggior deficit commerciale è quello con il minor debito pubblico (Spagna), mentre l'Italia è all'estremo opposto! Il contrario di ciò che la teoria dei 100 predice. La Germania si trova poi a confrontarsi con un debito pubblico vicino al 90% del Pil, non esattamente una bazzecola. La decisione tedesca di contenere la spesa pubblica è saggia: è precondizione a una riduzione graduale della pressione tributaria, necessaria per una ripresa della domanda privata interna di consumi e investimenti.

Tutto questo non significa che, nel breve periodo, tagli di spesa pubblica non possano avere effetti recessivi. Proprio per questo abbiamo raccomandato maggiori e più sistematici tagli di spesa accompagnati da riduzioni del cuneo fiscale e da una riforma del sistema dei tributi. Riforma fiscale subito, non fra tre anni: questa è una delle tante riforme di cui ha bisogno l'Italia. I tagli di spesa pubblica vanno fatti soprattutto per liberare risorse mal occupate.

Le due ironiche "note" anteriori non erano solo battute. Né Krugman né gli avvocati nostrani della spesa pubblica a go-go si chiedono da dove vengano crescita dell'occupazione e aumento di produttività, uniche fonti di ricchezza duratura. Se la Germania è riuscita a recuperare produttività, perché non lo possono fare Italia, Spagna e altri paesi? Come possiamo crescere di nuovo? Forse che gli aumenti del debito pubblico aumentano occupazione e produttività? Poiché i 100 nemmeno si pongono tali quesiti, le proposte della loro lettera si riducono a poco di nuovo e niente di buono: stampare moneta, emettere maggior debito per finanziare maggior spesa, far marcia indietro con le privatizzazioni ricostruendo l'intervento pubblico in economia, impedire ai fondi pensione d'accedere ai mercati finanziari, adottare misure protezionistiche! Ovvero, garantire un rapido suicidio italiano al ritmo di tango argentino.

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