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I risparmi non devono «bruciare» la riforma

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2010 alle ore 09:07.

È possibile anticipare riforme attraverso tagli della spesa? Forse no, ma si può cercare di tagliare senza ostacolare le riforme che si propone lo stesso governo. Non è questo quello che avviene per i tagli agli stipendi dei docenti universitari previsti dalla manovra finanziaria. Vediamo perché.

Dobbiamo a un decreto legislativo del 1980, suggerito in gran parte dai sindacati, la struttura degli stipendi dei professori universitari: da allora sono divisi in tre fasce, ma in ciascuna fascia si progredisce per anzianità, fino a superare i livelli iniziali della fascia superiore. Il risultato è che gli stipendi iniziali della fascia più alta (i professori di prima fascia) non sono competitivi a livello internazionale. È praticamente impossibile che chi "viene da fuori" e ha le qualificazioni necessarie per vincere un concorso per professore di prima fascia, possa accettare di lavorare a 2.600 euro il mese, nella fase più produttiva della sua carriera scientifica.

Solo chi è interno al sistema ed è in grado di trasferire, almeno in parte, l'anzianità maturata nella posizione precedente, può accettare di ricoprire in Italia una posizione di professore di prima fascia. Persino un interno avrebbe grandi problemi se dovesse affrontare le spese e le difficoltà di un cambiamento di sede senza un miglioramento di stipendio conseguente alla promozione. Non meraviglia quindi se è così poca la mobilità internazionale nella direzione dell'Italia. È difficile anche la mobilità interregionale.

Ai bassi stipendi iniziali corrispondono, invece, in ciascuna fascia, stipendi finali piuttosto alti, conseguibili per anzianità. In pratica, un docente con 30 anni di anzianità effettiva come professore di prima fascia può arrivare a guadagnare quasi il doppio di un collega, formalmente suo pari grado, che ha appena vinto il concorso. A fine carriera, anche il confronto internazionale è favorevole al docente italiano. Ad esempio, un anziano professore italiano di prima fascia guadagna di più del collega francese dello stesso rango e anzianità.

La riforma proposta dal ministro Gelmini vuole, tra l'altro, di intervenire proprio sugli stipendi. Essa prevede un deciso aumento della busta paga iniziale dei ricercatori universitari – che saranno però assunti con un contratto triennale rinnovabile una sola volta – e anche un intervento sulla scala stipendiale dei docenti di prima e seconda fascia, che ancora non è stato esplicitato, ma che si presume possa portare tutti i nuovi assunti agli stipendi ora previsti solo per chi ha la massima anzianità nel ruolo di provenienza. La disparità di trattamento tra il nuovo assunto che è già nei ruoli del l'università, e chi "viene da fuori", verrebbe così a cadere.

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Tags Correlati: Italia | Riforma | Salari e stipendi |

 

I tagli della manovra finanziaria vanno invece nella direzione opposta: sono percentualmente più consistenti per chi ha meno anzianità di servizio. È possibile fare altrimenti? Certamente. Bisognerebbe partire da un calcolo dei risparmi conseguibili con i tagli attualmente previsti e distribuire le necessarie diminuzioni degli stipendi solo sui docenti e ricercatori "anziani", risparmiando chi appartiene alle prime 5 classi stipendiali. Tra l'altro questo corrisponde a una delle richieste della Conferenza dei rettori (Curi). Non sarebbe un passo avanti nella riforma – per la quale, forse, sarà necessario attendere tempi migliori – ma almeno non sarebbe un passo indietro.

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