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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 11:15.
Il progetto preliminare per la linea ad Alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione è finalmente pronto. E all'assemblea dell'Unione industriale di Torino (si veda anche l'articolo a fianco) il commissario straordinario per la Torino-Lione, Mario Virano, ha illustrato le caratteristiche principali di un'opera che richiederà un investimento complessivo di 20 miliardi nell'arco di 15 anni.
In particolare, ha precisato Virano, 9,6 miliardi serviranno per la tratta internazionale tra St. Jean de Maurienne e Chiusa di San Michele, con il 30% a carico dell'Unione europea e il resto suddiviso tra Italia (63%) e Francia (37%) anche se le precentuali potrebbero essere riviste. La parte italiana – sino a Settimo Torinese e la connessione con la linea per Milano – richiederà altri 4,4 miliardi e quella francese 6 miliardi. Quanto al percorso in territorio italiano, ricalca quanto già emerso in precedenza, con 12 km di tunnel di base in territorio italiano (45 km nel tratto francese) e 35,4 km di tratta internazionale sul versante piemontese seguiti da 45,7 km di tratta nazionale sino a Settimo.
Quasi l'intero percorso in Piemonte sarà realizzato in galleria, con l'eccezione della stazione internazionale di Susa, ricavata nell'attuale autoporto, un breve tratto in trincea nella zona di Chiusa San Michele (nella sede della linea ferroviaria storica) e il tratto nel centro intermodale di Orbassano. È evidente – ha sottolineato il commissario – che la crisi economica può consigliare di individuare delle priorità nella realizzazione delle varie tratte, in modo da ottimizzare le risorse disponibili. «Ma in attesa di vedere l'inaugurazione dell'opera, tra il 2023 ed il '25, è necessario – ha concluso Virano – creare il mercato del trasporto merci utilizzando sia la rete ferroviaria esistente sia le parti man mano costruite». Perché non ha senso che sulla rete ad alta velocità, contrariamente a tutte le indicazioni fornite nelle fasi che hanno portato agli investimenti per costruirla, non circoli neppure un treno merci.
Anche Gianfranco Carbonato, presidente degli imprenditori torinesi, nella relazione introduttiva ha sottolineato l'esigenza di indirizzare «gli investimenti verso le infrastrutture indispensabili a una società moderna e integrata nei rapporti internazionali». Perché il sistema economico subalpino, che da tempo cresce meno della media italiana, ha bisogno di esplorare «tutte le possibilità offerte da un sistema internazionale sempre più aperto», per confrontarsi con un «mondo di domani che avrà 3 miliardi di consumatori che attendono nuovi prodotti e servizi». E questo, ha precisato Carbonato, vale anche per gli imprenditori più piccoli, perché le dimensioni non possono essere un alibi per rintanarsi nel proprio guscio.