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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 09:08.
L'ultima modifica è del 29 giugno 2010 alle ore 09:08.
Lungi dall'essere conclusa, la vicenda Brancher continua a sprigionare veleno in modo lento ma inesorabile. Un po' come il pozzo di petrolio nel Golfo del Messico che nessuno riesce a chiudere del tutto. Il veleno contamina i rapporti politici nel centrodestra e soprattutto intacca le istituzioni. Tutto questo avviene mentre il presidente del Consiglio, reduce dal G-20, si trova a San Paolo del Brasile, in attesa di recarsi poi a Panama. Da San Paolo ha auspicato «uno sciopero contro i giornali» che a suo dire «prendono in giro i lettori». Di certo la distanza dall'Italia del premier non aiuta la ricostruzione di un clima politico che appare piuttosto sfilacciato. Vediamo perché.
Punto primo. Brancher rimane al suo posto, ma lo scudo giudiziario non è in grado di proteggerlo, almeno per ora. Avremo dunque un ministro i cui compiti continuano a non essere chiari e definiti e che deve fronteggiare un delicato procedimento giudiziario. Difficile pensare che i media dimenticheranno il caso, in cui s'intravede un intreccio di interessi che tanti vorrebbero coprire. Ne deriva che il governo dovrà convivere con un ministro costretto a difendersi davanti ai magistrati. A questo punto, qualunque rivelazione o colpo di scena non sarà un problema personale di Brancher, bensì un fatto politico-giudiziario destinato a investire l'esecutivo.
Punto secondo. Come era prevedibile, Berlusconi ha scelto di non contrapporsi al Capo dello Stato. Non può permetterselo in questo momento. Ma il suo grado di frustrazione sta crescendo. Il presidente del Consiglio si sente stretto in una gabbia sempre più stretta. La lontananza fisica dall'Italia è in fondo una metafora del suo stato d'animo. Ma un premier distante fatica a tenere in mano tutti i fili della matassa. Il caso Brancher è uno dei tanti problemi, forse il più grave, ma ce ne sono altri.
La frattura con le Regioni sulla manovra economica, ad esempio, non si è ancora ricomposta e i governatori di centrodestra, guidati idealmente dal lombardo Formigoni, per ora mantengono l'unità d'azione con i loro colleghi del centrosinistra. Si avverte l'esigenza di un'iniziativa del capo del governo, mentre il tempo stringe.