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Asta Bce termometro della crisi

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:01.


Per gli operatori è uno spartiacque, il vero «stress test» per capire il reale stato di salute del sistema bancario europeo. L'asta di rifinanziamento a tre mesi che la Bce ha programmato stamattina sarebbe un evento di routine in tempi normali, un'operazione che serve a mettere a disposizione degli istituti di credito il denaro necessario a soddisfare le esigenze di medio termine, ma nella fase attuale assume ben altri significati.
Proprio oggi scadono infatti i termini di un'altra operazione di rifinanziamento. Non una qualsiasi, la maxi-asta a 12 mesi al tasso fisso dell'1% e ad ammontare illimitato che la Bce aveva messo in piedi un anno fa e che rappresenta l'azione più efficace attuata per contrastare la crisi. Allora la Banca centrale venne sommersa dalle richieste: ben 1.121 istituti finanziari dell'Eurozona ottennero fondi per 442 miliardi di euro, utilizzati in gran parte per coprire reali necessità e in alcuni casi anche a scopi speculativi. Quel che conta è che l'enorme ammontare di liquidità riversato sui mercati rappresentò una svolta, favorendo il recupero delle attività più rischiose (borsa in primis) e provocando il crollo dei tassi Euribor sull'interbancario.
Oggi quell'operazione-paracadute giunge a compimento. La Bce ha da tempo chiarito che non effettuerà più aste simili: «La decisione di non rinnovare i prestiti a 12 mesi fa parte di una exit strategy a lungo termine», ha ribadito ieri il governatore della Banca d'Austria, Ewald Nowotny, rispondendo alle presunte critiche provenienti dalle banche spagnole e rivelate dal Financial Times. Al tempo stesso però Francoforte ha predisposto una serie di contromisure (l'asta di oggi è una di queste, domani seguirà un'operazione «ponte» a 6 giorni) per evitare l'insorgere di nuovi problemi di liquidità.
Dando per scontato che chi si presenterà oggi al «bancomat Bce» lo farà perché ha reale bisogno di denaro e trova difficoltà nel finanziarsi attraverso i canali tradizionali (il tasso dell'asta, 1%, è superiore rispetto a quello dei mercati interbancari) si comprende facilmente perché l'esito dell'operazione sia così atteso. Gli analisti si aspettano in media richieste comprese fra 250 e 300 miliardi, sufficienti per riportare l'eccesso di liquidità detenuto a scopo precauzionale dalle banche (circa 300 miliardi, secondo le stime di UniCredit Mib) sui livelli pre-crisi greca.

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Tags Correlati: Bce | Borsa Valori | Ewald Nowotny | Francoforte

 

Il segnale, in questo caso, sarebbe favorevole per il mercato, perché significherebbe una graduale normalizzazione. Se invece le richieste fossero inferiori, la minor liquidità sul sistema provocherebbe un rapido rialzo dei tassi interbancari (l'Euribor a 3 mesi è già salito fino a 0,761%, massimi da 9 mesi), mentre la prospettiva di uno scenario migliore delle attese graverebbe su titoli sicuri come il Bund tedesco. Il vero spettro sarebbe però una nuova rincorsa delle banche al denaro della Bce, sintomo di una situazione preoccupante che provocherebbe immediati contraccolpi sui mercati azionari e anche sui titoli di stato dei paesi «periferici».
Ieri intanto alla consueta asta a 7 giorni di Francoforte si sono presentate ben 157 banche rispetto alle 114 della settimana prima, con richieste in crescita da 151,5 a 162,9 miliardi. Ma non basta: la Bce ha drenato meno liquidità del previsto, 31,9 miliardi anziché 55 miliardi. Altri segnali, se mai ce ne fosse bisogno, di come in questa fase di incertezza le banche preferiscano tenere stretto a sé il denaro.
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