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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2010 alle ore 08:04.
A tre anni di distanza dall'inizio della crisi le aspettative di ripresa economica e di riforma finanziaria sono sempre alte, ma la pazienza si va esaurendo. Così inizia la parte della relazione annuale della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) dedicata alle minacce alla ripresa mondiale provenienti dai deficit pubblici e dalle difficoltà in cui continuano a trovarsi le banche dei principali paesi.
Sul primo problema, l'analisi è tanto lineare quanto impietosa. I deficit pubblici sono fuori controllo per la micidiale miscela di entrate fiscali in calo, interventi di sostegno alla domanda e sussidi alle banche in crisi. L'effetto netto è che il debito dei prossimi decenni potrebbe arrivare a livelli semplicemente apocalittici. Dunque, come ha affermato il comunicato del G-20 di Toronto, mettere la casa in ordine è un imperativo fuori discussione, anche se è necessario che non tutti si affrettino a tagliare le spese.
Ma il vero leitmotiv della relazione è dato dalla severa analisi sugli ostacoli alla ripresa produttiva derivanti dalle condizioni del sistema bancario internazionale e che portano a concludere che la riforma finanziaria non può essere rimandata: esattamente come il rigore fiscale deve essere avviata subito.
Il punto di partenza è che le banche hanno adottato negli ultimi venti anni modelli di business eccessivamente rischiosi, che ex post non hanno nemmeno prodotto per gli azionisti risultati migliori degli altri settori. Nel periodo compreso fra il 1995 e il 2009 il rendimento del capitale bancario è stato di poco superiore a quello delle imprese produttive, ma con una variabilità ben sei volte più alta. La combinazione rischio-rendimento è stata dunque decisamente sfavorevole. La causa principale è stata la crescita esasperata dell'indebitamento che ha amplificato prima i profitti e ora le perdite. L'eccesso di indebitamento richiede alle banche di ricorrere continuamente al mercato internazionale: nei prossimi due anni, dovranno essere rinnovati titoli per ben 3 trilioni di dollari, sottraendo spazio a governi e imprese produttive.
I conti delle principali banche sono migliorati nel 2009 ma soprattutto per effetto degli interventi pubblici, sotto forma di iniezioni di capitale, di garanzie pubbliche e di una generosa politica monetaria che ha fornito fondi a tassi vicini allo zero, accettando come garanzia titoli complessi e rischiosi. Solo le garanzie comportano un miglioramento del rating delle principali 50 banche stimato in tre classi di rischio (da A3 a Aa3) e dunque un consistente sussidio ai profitti correnti.