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Fuori dal Medioevo con regole globali RESPONSABILE
ECONOMIA
E LAVORO DEL PD

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:01.

di Stefano Fassina
Il discorso sulle regole è il discorso fondativo della vita associata che tuttavia si presta a facili piegature demagogiche: quando qualcosa non funziona, il primo colpevole sono le regole. È ovvio che, in una fase di transizione economica, sociale, culturale, demografica profonda le regole devono cambiare. Il punto è: in quale direzione? La risposta a tale domanda non è scontata. Insistere sulla "quantità" di regole non porta molto lontano, soprattutto quando i paladini delle semplificazioni sono, nel 2009, i recordmen di provvedimenti legislativi approvati in un anno (15.923 pagine, 4,7 km di lunghezza e 993 mq di superficie). Infatti, si può tagliare a piacere il numero, la lunghezza o la superficie di pagine di regole pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, ma è evidente che poche regole sbagliate possono fare danni incalcolabili. È altrettanto fuorviante concentrare l'attenzione sul momento dei controlli per l'avvio dell'attività imprenditoriale. I controlli vanno ridimensionati e razionalizzati e, nei limiti del possibile, collocati a valle. Ma il controllo ex-ante non è la causa principale delle difficoltà delle nostre imprese: in Italia, certo con tanta fatica in più, nasce ogni anno un numero di imprese in linea con la media dei più avanzati paesi Ocse. Anzi, abbiamo il record globale di imprese per numero di abitanti in età attiva. Il nostro problema prioritario è la sopravvivenza e l'irrobustimento delle imprese. Su tali aspetti lo spostamento del controllo nella fase ex-post può fare poco. Per due ragioni. Primo, perché il controllo ex-post, senza bisogno di modificare la nostra Costituzione, è già largamente prevalente nell'attività fondamentale della pubblica amministrazione: si pensi al fisco che, attraverso l'autodichiarazione e la compensazione Iva (prima dei recenti interventi contenuti nella manovra di finanza pubblica), ruota interamente intorno al controllo ex-post. Secondo, perché per risolvere davvero i problemi delle imprese servono riforme strutturali e ben definite politiche economiche: dalla riduzione delle imposte, alla regolazione concorrenziale dei mercati; dalla scuola, in particolare professionale, all'università; dalla politica industriale alle politiche per le infrastrutture.

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Tags Correlati: Benedetto XVI | Giulio Tremonti | Italia | Ocse | Pd | Politica economica | Pubblica Amministrazione |

 

Il discorso sulle regole svolto dal ministro Tremonti su questo giornale qualche giorno fa è una brutale retromarcia rispetto al suo percorso più recente. Il ministro era giunto a riconoscere, quale causa ultima della crisi, il primato dell'economia sulla politica e a regalare all'umanità, invero ingrata, regole globali (i famosi, in Italia, "global legal standards"). Oggi, invece, il ministro ripropone, sotto la retorica della "visione positiva della persona", l'ideologia conservatrice dell'"individualismo metodologico". In base ad essa, l'individuo esclusivamente auto-interessato, homo economicus, massimizza la propria funzione di utilità e, nell'interazione liberata dalla politica, porta all'interesse generale come sommatoria di interessi individuali. È l'ideologia dell'auto-regolazione dei mercati, di moda fino a ieri, caduta in disgrazia solo per il tempo necessario al salvataggio, a carico dei contribuenti, delle banche. È la matrice etica, culturale e politica alla base dei fallimenti oggi evidenti.
In realtà, la crisi in corso, ci ricorda, ancora una volta, che tale ideologia è fallita. Siamo nella fase più difficile degli ultimi 80 anni perché, da almeno un quarto di secolo, la politica è diventata ancella dell'economia. Perché le regole hanno difettato, non ecceduto, nello spazio globale dell'economia. «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole» scrive nella Caritas in veritate Benedetto XVI (par 21). E continua: «L'attività economica...va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la politica» (par 36). Insomma, la persona produce ricchezza sociale ed economica ed è risorsa della collettività soltanto nella polis. Il nostro dramma, come dimostra la deriva nazionalistica europea, è l'incapacità della regolazione politica di superare le forme dello Stato-Nazione. Ciascuno chiuso nella sua piccola patria. È questo "il nuovo Medioevo" nel quale stiamo tornando.
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LE IDEE DI TREMONTI

p«Usciamo dal Medioevo per liberare le imprese». È il titolo dell'intervento di Giulio Tremonti pubblicato sabato scorso sul Sole-24 Ore. Il ministro sostiene la necessità di uscire dalla «bulimia giuridica»

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