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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 09:37.
L'ultima modifica è del 01 luglio 2010 alle ore 09:37.
Capiamo il nervosismo: bilanci periclitanti, tagli dallo stato incombenti, popolarità su piano inclinato. Tutte cose, caro sindaco Alemanno, che accorciano le frasi e le declinano all'indicativo. Ma non sarebbe stato meglio qualche condizionale, metaforicamente parlando? «Se qualcuno - ha detto ieri Alemanno - mette qualcosa sul grande raccordo anulare per far pagare il pedaggio vado con la mia macchina e lo sfondo». Ora, qui il tema non è se e quanto sia giusto pagare per entrare in autostrada o in quel che ci assomiglia. Il punto è il come, in questo paese, si dice quel che è giusto o sbagliato.
Il «coglione» elargito all'elettore di sinistra dal premier; lo «stronzo» destinato dal presidente della Camera a chi insulta gli immigrati; il «vada a farsi fottere» dedicato a un giornalista da un ex segretario Ds, tutto questo è lo Zeitgeist del tempo, che impone la parolaccia, l'espressione rubizza, il vernacolo che vira all'insulto. Ovvio il calcolo: mostrare la canotta come il Bossi d'antan attira la "ggente". Non è un caso isolato, l'elenco è lungo. Non ci resta che constatare che l'Italia è diventata così.