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Addio 40 anni di contributi, poi lo stop

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:00.

L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita, che slitterà dal 1° gennaio 2015 al 1° gennaio 2016 - secondo quanto previsto dall'emendamento alla manovra presentato in commissione bilancio del Senato dal relatore Antonio Azzollini, corredato dalle relative relazioni tecniche - consentirà di ottenere risparmi per 7,8 miliardi tra il 2016 e il 2020. Saranno coinvolte in media circa 400mila persone l'anno, e la novità riguarderebbe tutti i requisiti di pensionamento, dall'età ai 40 anni di contribuzione. Il che vuol dire, stando al dispositivo originario dell'emendamento, che dal 2016 non basterebbero più i 40 anni di contributi versati per accedere al pensionamento.

In serata la netta frenata del governo. Il governo - ha replicato a caldo a SkyTg24 il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - sta valutando l'emendamento che riunisce norme «in parte già varate e misure contenute in manovra». Il testo accorpa queste novità per i lavoratori «che fortunatamente hanno accumulato 40 anni di contributi. Una platea molto contenuta. Non saranno molti nel 2016 a poter vantare 40 anni di contributi». In sostanza, un segmento «né socialmente né economicamente rilevante». Più tardi l'ulteriore precisazione: «È stato un refuso. Lo cancelleremo». Come già accade per la legge Maroni e Damiano, «coloro che hanno accumulato 40 anni di contributi, sono esclusi dalle quote e dall'innalzamento dell'età di pensionamento». In sostanza, il requisito di contribuzione «verrà cancellato dall'agganciamento dell'età di pensione all'aspettativa di vita». Un errore che si deve a una «stesura tecnica zelante che non corrisponde alla verità».

L'emendamento (che ora sarà dunque corretto), prevede in proposito che i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento, indipendentemente dall'età anagrafica, saranno aggiornati a cadenza triennale, e non più quinquennale. L'adeguamento alle aspettative di vita coinvolgerebbe in tal modo anche le pensioni sociali, attualmente a quota 516 euro mensili.

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Tags Correlati: Antonio Azzollini | CGIL | Cisl | Domenico Proietti | Maurizio Sacconi | Normativa sulle pensioni | Raffaele Bonanni | Senato | Susanna Camusso | Uil

 

Sulla norma è giunto il secco altolà del sindacato: per la vice segretaria della Cgil, Susanna Camusso, l'aumento dell'età contributiva «prevista dagli emendamenti alla manovra annunciati come transitori saranno in realtà strutturali e questo significa che nel pubblico impiego le donne andranno in pensione a 66 anni e non a 65, mentre l'età contributiva passa a 41 anni e non più a 40».

Critica anche la Cisl, che con il segretario generale Raffaele Bonanni boccia la norma: «L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che quindi hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica». Sulla stessa linea la Uil, con il segretario confederale Domenico Proietti: «È una norma che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura».

Per quel che riguarda l'aumento a 65 anni dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego (che il governo ha anticipato al 2012 per effetto della perentoria richiesta di Bruxelles), la misura riguarderà 20-25mila donne e comporterà risparmi fino al 2020, comprensive della «finestra mobile» per circa 1,4 miliardi.

Stando ai calcoli della Ragioneria, il combinato della finestra mobile e dell'adeguamento dell'età di pensionamento all'aspettativa di vita comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica, in rapporto al Pil, di 0,2 punti nel 2015.
Quanto agli enti previdenziali privatizzati, si conferma l'arrivo della norma, anch'essa a firma del relatore, che esclude tali enti dal taglio degli apparati amministrativi e degli organi collegiali, mentre resta in piedi l'obbligo di nulla osta dei ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia) sulle operazioni di compravendita immobiliare.

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