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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 08:03.
«Giulio Tremonti? L'ho incontrato a Milano lunedì. Mi ha detto: "ci vedremo di nuovo non appena avrete un progetto ben definito". So bene che il ministero dell'Economia ha il 40% della società di gestione. So bene anche che Tremonti è un uomo pratico. Non abbiamo fissato una data per il nostro prossimo faccia a faccia. Ora dobbiamo lavorare. Non possiamo pensare sul lungo termine. Il nostro orizzonte non sono i tre anni, ma i prossimi sei mesi. Soltanto così convinceremo tutti. Solo così faremo dell'Expo un caso di successo».
Il neodirettore generale dell'Expo Giuseppe Sala, 52 anni, è l'uomo del giorno. Alla Pizzeria Ciardi, dove il proprietario Gennaro è l'icona vivente del pragmatismo di questa città che dà una occasione a tutti («dottore, sono di Pozzuoli, nel 1952 sono arrivato qui con niente in tasca, Milano è un posto meraviglioso»), Sala spiega al Sole 24 Ore come l'Expo abbia ancora una chance. E, mentre si prepara a lasciare la posizione di city manager del Comune di Milano («vado a fare gli scatoloni subito dopo pranzo»), indica nella razionalità manageriale la ricetta giusta.
Direttore, lei ha citato il ministro Tremonti, alias il principale finanziatore dell'Expo. Questo Expo ha avuto finora molti problemi. Iniziamo dalla "pecunia": i soldi ci sono?
Sì, i soldi ci sono. E la quota pubblica non è stata ridotta da una manovra del governo impostata su un rigore essenziale per preservare i conti pubblici. Serve, mal contato, un miliardo e mezzo. Ma non abbiamo bisogno di averlo tutto e subito su un nostro conto corrente. Arriveranno mano a mano che procederemo. Piuttosto, la nostra ingegnerizzazione finanziaria ha in prospettiva un problema: l'articolo 54 della manovra fissa nel 4% il tetto delle spese di gestione rispetto al budget complessivo. È troppo poco. Chiederemo di cambiarlo.
L'articolo 54 assegna le assunzioni e le consulenze al consiglio di amministrazione e non all'ammistratore delegato. Anche questo è un problema?
Per ora io sono direttore generale. Martedì il Comune di Milano, che aveva espresso Lucio Stanca nel board, ha aperto il bando per sostituirlo e io ho presentato il mio curriculum. Il bando dura in tutto due settimane. Se gli altri soci saranno d'accordo, diventerò consigliere e quindi amministratore delegato. Ma, anche con questo specifico incarico, non avrò problemi con la norma che fa passare le assunzioni dal board: penso di portarmi pochissime persone. Ora siamo in meno di 100 persone, in tre sedi. Puntiamo su una struttura snella. Come ho già detto, lasciamo il lussuoso quartier generale di Palazzo Reale, che dunque tornerà nella disponibilità del Comune di Milano, e ci concentreremo alla Bovisa. Cosa che, peraltro, ci avvicinerà ai prossimi cantieri dell'Expo. Bisogna anche aggiungere un fatto importante: la Bovisa è di proprietà di Euromilano, il cui principale azionista è Intesa Sanpaolo. Il canone che ci viene richiesto è assai basso e loro si accolleranno i costi di ristrutturazione: si tratta del primo tangibile supporto che una società immobiliare e una grande banca garantiscono a un progetto strategico quale è l'Expo.