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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2010 alle ore 13:44.
Accanto all'emergenza economica e all'urgenza di risanare la finanza pubblica, vi è oggi in Italia una terza gravissima emergenza: la diffusione di illegalità, corruzione, spregio per le leggi e le istituzioni pubbliche. Le vicende ormai quasi quotidiane che affliggono le cronache nazionali sono confermate dai confronti internazionali. Nella classifica sulla corruzione compilata nel 2009 da Transparency International, l'Italia è al 63° posto al mondo e al 27° in Europa, dietro a paesi come Turchia e Cuba, e in progressivo peggioramento nel corso del tempo.
Le tre emergenze sono collegate tra loro e si autoalimentano. La corruzione si accompagnia a sperperi del denaro pubblico verso usi improduttivi. L'abuso di potere da parte di chi ha responsabilità pubbliche alimenta il cinismo e la sfiducia verso le istituzioni, e ciò influisce sui comportamenti dei cittadini. L'illegalità diffusa scoraggia l'afflusso di capitali e, in certe zone del paese, impedisce qualunque forma di investimento che non sia nell'economia sommersa. L'evasione fiscale costringe ad alzare le aliquote su chi non evade, e rende più difficile il risanamento della finanza pubblica. Nel Mezzogiorno questi fenomeni hanno raggiunto livelli abnormi. Ma non è solo il Mezzogiorno. Anche in altre parti del paese, la politica e i rapporti con il settore pubblico sono contaminati dalla piaga della corruzione e del malcostume.
Naturalmente l'Italia non è tutta così. La grande maggioranza dei cittadini lavora, paga le tasse, ha senso civico e rispetto per la legge. Ma la parte sana del paese talvolta pare rassegnata ad accettare come inevitabile la diffusione di corruzione e illegalità, come se fosse un male atavico e inestirpabile del nostro paese, che non toccandoci da vicino non ci riguarda più di tanto.
L'esperienza di altri paesi, tuttavia, insegna che dalla corruzione si può uscire. La storia americana ne è un esempio. Nel 1800 e fino ai primi del '900 gli Stati Uniti erano un paese estremamente corrotto. Studi di storia economica hanno documentato che i governi locali strapagavano per l'acquisto di beni e servizi in cambio di bustarelle, gli scandali economici erano all'ordine del giorno, la criminalità organizzata si era sostanzialmente impadronita di alcune città. Eppure, tra la fine del 1800 e l'inizio del secolo scorso le cose gradualmente e lentamente cambiarono, e gli Stati Uniti ne uscirono trasformati. Ciò avvenne principalmente grazie a due leve. Da un lato, vi fu uno sforzo legislativo e giudiziario a combattere la corruzione con tutti gli strumenti possibili. Dall'altro, la stampa libera e indipendente ebbe un ruolo cruciale nel mobilitare l'opinione pubblica ed alzare il costo politico della corruzione. Tra il 1870 e il 1920 il settore dei giornali subì una profonda trasformazione. Nel 1870 i quotidiani indipendenti dal potere politico e diffusi nelle grandi città erano solo l'11% del totale. Nel 1920 la percentuale era salita al 62 per cento. A giudizio degli storici economici, questa evoluzione del settore dei media, resa possibile da innovazioni tecnologiche e da una maggiore concorrenza tra i giornali, ebbe un ruolo cruciale nella lotta alla corruzione politica.