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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2010 alle ore 13:01.
«Il sindacato ha dimensioni e percorsi democratici diversi da un movimento che, per quanto interessante, compare sulla rete». Risponde così, con garbo ma con fermezza, Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa, alla richiesta di un giudizio sull'iniziativa di Arianna Ciccone, al timone di un pool di navigatori internet che propongono – invece del black out dell'informazione del 9 luglio – di far pagare per un giorno i giornali la metà. O di regalarli.
Non ci saranno ripensamenti sullo sciopero?
Lo sciopero ha aspetti culturali e morali forti ed è stato deciso all'unanimità, due settimane fa, dalla conferenza dei comitati di redazione. Una giornata di silenzio di fronte a tanti silenzi assoluti che imporrebbe ogni giorno il ddl intercettazioni se venisse approvato. Questa è l'iniziativa del sindacato dei giornalisti. Nessuna retromarcia, dunque, perché a oggi non ci sono novità sul fronte di eventuali modifiche. La rete è interessante, ma non è il mondo.
Quali sono i punti più critici del provvedimento?
Il ddl così come è stato concepito priva i cittadini del loro diritto a sapere. Viene imposto di non dar conto delle notizie relative alle indagini fino all'udienza preliminare, se non per riassunto. Di trasferire gli editori in redazione per diventare padroni dei contenuti attraverso il perverso meccanismo delle multe milionarie. Non ci piace il carcere per i giornalisti. La convivenza civile non può prescindere da una informazione corretta, non dettata da agende di governo o da leggi illiberali.
Quali proposte avete avanzato per correggere il testo del provvedimento?
Abbiamo proposto l'udienza filtro per stabilire quali contenuti delle intercettazioni debbano essere stralciati o non resi pubblici. Poi l'istituzione di un giurì per la lealtà dell'informazione che in cinque giorni stabilisca se è stata violata la riservatezza delle persone, con sanzione immediata nei confronti del giornalista sleale. Fermo restando poi anche l'intervento disciplinare dell'ordine. Va anche stabilito un tempo limitato per il segreto giudiziario. Come hanno fatto paesi avanzati e civili. Troppi segreti indicano un malessere del paese. L'informazione è fonte di legalità e sicurezza: è una condizione della democrazia che consente, grazie alla conoscenza, di dar voce anche a chi non ne ha, per avere protezione di fronte agli abusi.