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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 09:01.
È come se in Italia, domenica, i telespettatori fossero costretti a sorbirsi una soap opera al posto della finale dei Mondiali sudafricani di calcio: per la prima volta da 57 anni (in pratica, da sempre), la rete pubblica giapponese Nhk non trasmetterà in diretta l'inizio del Gran Torneo di sumo di Nagoya, con una decisione che rischia di accelerare l'esodo già iniziato degli sponsor pubblicitari dallo sport nazionale. Non è l'unica novità: mai era successo che l'associazione del sumo si trovasse ad essere commissariata. Senza precedenti è anche l'espulsione a vita di un "ozeki" (grande campione, un solo gradino sotto i rarissimi supercampioni "yokozuna") e del suo capo-scuola, che si aggiunge alla squalifica dal torneo di Nagoya di numerosi lottatori.
Lo scandalo più grave di tutti i tempi sta scuotendo il mondo di uno sport che ancora vanta connotazioni quasi sacrali: alla ribalta sono balzati non i tradizionali legami culturali e rituali con la religione ancestrale shintoista, ma i rapporti recenti con la criminalità organizzata. Una storiaccia di scommesse illegali (per lo più sul baseball) e di ricatti ha evidenziato il lato debole di uno sport già da anni in declino, proprio nel momento in cui la buona performance dei Blue Samurai in Sudafrica sta rilanciando la concorrenza del calcio come alternativa a sumo e baseball.
Vittima numero uno è l'ozeki Kotomitsuki, 34 anni, bandito a vita dopo aver ammesso di essersi fatto trascinare da un ex professionista del sumo (arrestato) in un racket di scommesse illegali, fonte di finanziamenti per la yakuza, la mafia giapponese. Nel corso dell'inchiesta, più di 60 lottatori hanno ammesso di aver effettuato scommesse illegali a vario titolo. Non è la prima volta che questo bastione del tradizionalismo nipponico (clamorosi i continui rifiuti ad accettare un premio dall'ex governatore-donna di Osaka per evitare di contaminare con una presenza femminile il dohyo, il cerchio del combattimento) è investito da scandali: si era trattato, però di possesso di droghe leggere, o di brutale "nonnismo" nelle attività di training (l'anno scorso un allievo era morto per le percosse subite).