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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 08:49.
ROMA
Invitato dalla Confindustria di Ravenna a concludere l'assemblea annuale, Gianfranco Fini ha parlato ieri della necessità che l'Italia accetti la sfida dello sviluppo nonostante la crisi. Ma ha avvertito che «non di sola finanza, e men che meno di sola contabilità, vive una società». Un chiaro messaggio di "controcanto" a Tremonti e Berlusconi. «Il federalismo - ha spiegato - ha un senso se è capace di valorizzare le energie attive che operano sui territori. Ma dobbiamo essere coscienti che le possibilità di successo di questa decisiva prova dell'innovazione dipendono anche dagli obiettivi che vengono indicati sul piano nazionale. Pensare di fare decollare di nuovo la macchina dello sviluppo puntando unicamente sulle energie presenti sui territori, significa avere una visione miope». Quindi «è indispensabile avere la capacità di indicare obiettivi di carattere nazionale». Fini è stato applaudito più volte dalla platea, ma l'applauso più caloroso ha sottolineato le sue perplessità sulla corruzione in politica. «Oggi non possiamo dire che il costo del sistema politico in qualche modo porta quasi automaticamente a un aumento fisiologico del livello di corruzione. Perché il sistema politico è assai più leggero di qualche anno fa, ma il livello di corruzione non mi sembra diminuito».
Intanto è giallo sulla presunta cena tra Fini e D'Alema annunciata dalla "Velina Rossa", la nota di Pasquale Laurito considerata vicina a Massimo D'Alema. Il portavoce di Fini si affretta a smentirla, ma conferma l'incontro che però, spiega, avrebbe avuto come menù il seminario delle due fondazioni Farefuturo e Italianieuropei e l'attività del Copasir. Ma non abbastanza in fretta per evitare di scatenare la ridda di dietrologie e di fastidio soprattutto nei falchi berlusconiani che nel faccia a faccia vedono la conferma delle intenzioni bellicose del cofondatore del Pdl.
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