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«Tra il presidente e il paese un divorzio ormai profondo»

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 08:48.


PARIGI. Dal nostro corrispondente
Una crisi di leadership e forse il precoce declino dell'era sarkozyana. Dai labirinti dell'affaire Bettencourt la Francia si è persa in poche settimane in uno scandalo che ha toccato il cuore del potere, azzerando nuovamente la fiducia dell'opinione pubblica nella politica. L'analisi di Dominique Moïsi è impietosa, ma le ultime rivelazioni di Mediapart sui presunti fondi neri dell'Ump hanno fatto compiere un enorme salto di qualità in negativo a una vicenda partita sotto il segno dell'evasione fiscale della donna più ricca di Francia, Liliane Bettencourt, poi trasformatasi nell'evidente caso del conflitto d'interessi del ministro del Lavoro Eric Woerth: «Ha ben titolato il Canard Enchainé - sostiene il politologo, consigliere dell'Institut français de relations internationales - ormai siamo passati da un affare di stato a un affare del capo di stato».
Perché ormai, a essere bersaglio degli scoop distillati con metodica caparbietà dal sito d'informazione diretto da Edwy Plenel, è il presidente della repubblica. Nicolas Sarkozy ha finora taciuto, limitandosi a far sapere che il soldato Woerth andava salvato a ogni costo: «Forse questa difesa a oltranza assume oggi un altro significato, che è quello della difesa di se stesso», osserva Moïsi. Il ministro del Lavoro, ex ministro del Bilancio, è da anni il tesoriere del partito neogollista, promosso dopo le elezioni presidenziali del 2007 da un importante ma oscuro ruolo amministrativo a un prestigioso incarico politico. I soldi di cui ha parlato l'ex contabile della Bettencourt - 150mila euro in contanti - sarebbero passati dalle sue mani alle casse dell'Ump per finanziare proprio la campagna presidenziale del 2007. Woerth è stato dunque catapultato in poche ore dal sospetto di conflitto d'interessi in seguito alle attività che la moglie Florence svolgeva come gestore del patrimonio di "Madame L'Oréal" al possibile tramite di operazioni vietate dalla legge: il finanziamento occulto ai partiti: «Fino a quando resisterà il ministro? Difficile dirlo, anche se ultime rivelazioni hanno letteralmente scombinato i piani dell'Eliseo che intendeva regolare la faccenda con l'aiuto della pausa estiva e - ma non è stato il caso - con il classico diversivo della nazionale francese che fa un buon campionato del mondo di calcio fino ad arrivare in finale. Può darsi che alla fine si decida di sacrificare il soldato Woerth, ma con l'obiettivo ultimo di salvare il comandante Sarkozy».

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Tags Correlati: Dominique Moïsi | Edwy Plenel | Elezioni | Eliseo | Eric Woerth | Francia | Institut français | Liliane Bettencourt | Madame L'Oréal | Nicolas Sarkozy | Seine | Ump

 

Secondo Moïsi, l'affaire Bettencourt-Woerth-Sarkozy ha reso ancora più profondo «quel divorzio emotivo tra il presidente e i francesi che si era manifestato clamorosamente già in occasione delle elezioni regionali». La riconciliazione con la politica, alla luce di quanto è accaduto negli ultimi mesi, è stata un fuoco di paglia del maggio 2007: «Il capo di stato ha fallito in questo come già, prima di lui, aveva fallito Chirac. Il disgusto e il distacco si sono nuovamente impadroniti dell'opinione pubblica. Pensavamo che il problema dei problemi, in Francia, fosse il 93, il dipartimento Seine-Saint-Denis dove nel 2005 scoppiò la rivolta delle banlieues. Invece scopriamo con amarezza che il problema è il 92, il dipartimento Haut-de-Seine, quello di Neuilly, di Sarkozy sindaco e dei ricchi e potenti di Francia che vi abitano, a cominciare da Liliane Bettencourt, e dei legami troppo stretti e troppo poco chiari tra loro e la politica».
Questo affaire segna il declino dell'era Sarkozy, dopo appena tre anni di guida all'Eliseo? «I due anni che restano sono per la politica un tempo lunghissimo ed è difficile dire se già oggi assistiamo al declino del sarkozysmo dopo una stagione breve. Certo è che si respira un'aria simile al 1980, quando si preparò il ritorno della sinistra all'Eliseo. Certo è che oggi soltanto un suicidio politico potrebbe impedire la vittoria di un candidato socialista alle presidenziali del 2012».
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