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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 09:46.
S'è consumato in poco più di 90 minuti lo strappo finale tra governo e regioni sulla manovra. Al sospirato vertice di ieri con Silvio Berlusconi, i governatori hanno dovuto incassare il fuoco di sbarramento del governo, e soprattutto di Giulio Tremonti: i saldi non si toccano, i tagli restano a quota 8,5 miliardi, non c'è margine per ritocchi o rinvio delle decisioni al Senato – come avrebbe ipotizzato il premier – perché la manovra la vuole l'Europa e i mercati lunedì ci farebbero pagare un caro prezzo. L'unica apertura futuribile: il via a una commissione mista anti-sprechi.
Una doccia fredda per i governatori. Che compatti hanno contrattaccato in conferenza stampa. «Le nostre proposte sono state respinte – ha scandito per tutti Vasco Errani (Emilia Romagna). Siamo preoccupati. Chi vuole andare verso il federalismo fiscale non può entrare nel più pieno centralismo. Informeremo il presidente della repubblica sulle conseguenze di questa situazione». Ecco così subito la richiesta a palazzo Chigi di un incontro formale alla prossima stato-regioni per restituire – anche con un emendamento alla manovra – le deleghe sui servizi fondamentali che le regioni affermano di non poter più garantire. Dal trasporto pubblico locale agli incentivi alle imprese, dall'ambiente alla viabilità alle politiche sociali. Il federalismo fiscale va gambe all'aria, sostengono, e a Berlusconi chiedono di comunicare insieme agli italiani lo stato delle cose e i servizi che non potranno più essere garantiti.
Intanto hanno in serbo un'altra clamorosa iniziativa: tutte le giunte metteranno all'ordine del giorno entro mercoledì mattina una comunicazione che darà conto degli effetti dei tagli per singolo servizio e il pomeriggio a Roma faranno un dossier unico da allegare alla richiesta di convocazione immediata (già per giovedì, forse) della stato-regioni per la restituzione delle chiavi delle deleghe sui servizi del federalismo amministrativo, rimettendo la palla al Governo.
Una sfida a tutto campo. Alla quale Tremonti ha replicato con fermezza. I tagli si possono fare senza incidere sulla sanità né sulla carne viva dei servizi ai cittadini, è convinto il ministro, e i pendolari non dovranno temere per le minacce di stop al trasporto pubblico locale. «Perché le regioni non guardano ai contributi che danno? Quello è il punto – ha attaccato – non è più il tempo, nessuno più in Europa può garantire i vecchi livelli di spesa». Quanto alle deleghe, ha ancora precisato il ministro, ben venga la restituzione di quelle sui controlli delle invalidità. Come dire: gli sprechi ci sono e le regioni sono responsabili. Non a caso Tremonti ha indicato nella sanità il primo settore da aggredire col federalismo e i costi standard. Che a questo punto, però, per i governatori sono poco più che un miraggio. Anche se chiedono che i decreti attuativi siano adottati tutti insieme. «Come si fa a dire che il federalismo è morto – ha ironizzato il ministro – e che anzi è morta perfino la "Bassanini", e poi chiedere la contemporaneità dei decreti attuativi?».