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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 15:13.
Vienna, capitale di un Paese neutrale da 55 anni, è un crocevia diplomatico e di agenti segreti di primaria grandezza. Per rendersene conto basta fare l'elenco delle agenzie internazionali presenti in città: l'Osce, l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa i cui rappresentanti sono spesso inviati a verificare la correttezza delle procedure elettorali e il rispetto delle fragili tregue sul campo di battaglia come da ultimo quella in Georgia dopo la grave crisi con Mosca.
L'Opec, l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, la cui poco sontuosa sede (sembra un dopolavoro ferroviario degli anni sessanta) si trova al di là del ponte sul Danubio lasciando alle spalle i giardini pubblici all'interno del Ring, il primo anello intono al centro storico, mentre la sede informale dei colloqui è la grande hall dell'Hotel Intercontinental dove la delegazione saudita affitta normalmente un piano intero per il suo ministro del petrolio, il personaggio a cui spetta sempre l'ultima parola.
Per non dimenticare l'Aiea, l'Agenzia internazionale dell'Onu per l'energia atomica che assieme all'agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto all'uso di sostanze stupefacenti è la terza sede del Palazzo di vetro nel mondo dopo quella di New York e Ginevra. In totale fanno 17mila diplomatici e rappresentanti internazionali che a vario titolo si sommano alle ambasciate aperte nei confronti della Repubblica austriaca. Ma non c'è solo lo scontro tra blocco occidentale e quello russo da vecchia Guerra fredda come testimonia lo scambio di 14 spie avvenuto venerdì all'aeroporto di Vienna: anzi tutto ciò è solo un ricordo del passato.
Oggi la città è diventata l'area di scambio e di contatto per il Medio Oriente, l'Africa per quanto riguarda il petrolio senza dimenticare l'Iran per quanto riguarda la questione del nucleare degli ayatollah. E i flussi finanziari per i paesi dell'ex Cortina di ferro. Nella sua ultima visita a Vienna come negoziatore del nucleare iraniano, Ali Larijani tenne una conferenza stampa all'Hotel Sacher a pochi passi dall'Opera di Vienna, davanti alle telecamere di mezzo mondo per annunciare che si sarebbe recato a Roma dove avrebbe incontrato il premier Romano Prodi in un segnale di apertura che poi si sarebbe infranto per il no di Mahamoud Ahmadinejad e la sostituzione dello stesso Larijani, oggi speacker del Parlamento di Teheran. Una svolta annunciata a Vienna che se avesse avuto successo avrebbe fatto trovare un'intesa allo spinoso dossier nucleare iraniano che ancora oggi non trova soluzione.