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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 08:00.
Idee innovative contro la crisi finanziaria più dura dagli anni 30? Alessandro Profumo, amministratore delegato di UniCredit e presidente della Federazione delle banche europee, accetta la sfida e lancia la proposta dalle pagine del Financial Times: le banche europee avrebbero bisogno di un «fondo di sostegno» (recovery fund) privato di 20 miliardi di euro, finanziato su base volontaria dai grandi istituti di credito per fronteggiare «energicamente» un'eventuale nuova crisi finanziaria. Una soluzione autogestita, si sarebbe detto una volta, tutta all'interno del settore per evitare interventi dirigisti dall'alto che colpirebbero indiscriminatamente buoni o cattivi operatori e aumenterebbe il moral hazard.
Si tratta di uno strumento profondamente diverso dallo schema di salvataggio noto come «fondo di risoluzione» (resolution fund) sul quale finora si è discusso in seno all'Ecofin, e non soltanto perché a differenza di quest'ultimo sarebbe finanziato da contributi volontari degli istituti di credito anziché attraverso una tassazione (ipotesi ovviamente avversata dal mondo delle banche). Lo schema lanciato da Profumo prevede infatti un intervento «ex-ante»: il «recovery fund» offrirebbe garanzie mirate alle banche che faticano a emettere prestiti obbligazionari per finanziarsi. Uno schema che ricalca quello dei bond bancari garantiti dallo stato, con la differenza che a fornire il sostegno, questa volta, sarebbe un fondo costituito da privati, nel caso specifico dalle principali banche europee. Per ogni miliardo di euro di garanzie fornite, in base all'esempio citato da Profumo (vedi l'intervento a fianco), le banche in difficoltà potrebbero raccogliere sul mercato fino a 10 miliardi, risolvendo almeno parte dei propri problemi di liquidità.
UniCredit avrebbe già esteso la proposta a diverse banche europee. Contatti più approfonditi sarebbero in corso con Deutsche Bank, Bnp-Paribas e Santander, ma l'obiettivo è di arrivare a coinvolgere un numero di operatori sufficiente a ottenere una rappresentatività più ampia possibile del sistema del credito europeo. Per ora i principali istituti preferiscono declinare ogni commento, ma secondo alcune fonti le banche tedesche sarebbero contrarie a un approccio come quello proposto da Profumo. Ambienti vicini a Deutsche Bank, osservano in effetti che la via giusta sarebbe piuttosto quella già delineata dall'Iif, l'Istituto per la finanza internazionale, il gruppo che raccoglie le banche più potenti al mondo, presieduto dallo Josef Ackermann, Ceo di Deutsche Bank. In un piano presentato nel maggio scorso, l'Iif indicava le possibili linee di intervento ex-post, e cioè dopo il fallimento di una banca.