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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 08:55.
Mosca abbandona definitivamente l'Iran al suo destino in cambio di maggiori «alleanze per la modernizzazione soprattutto con Germania, Francia e Italia, Unione europea e in generale e Stati Uniti». Un messaggio diretto e senza mezzi termini, che rilancia con forza e chiarezza strategica la necessità del Cremlino di accrescere gli investimenti stranieri (che dal collasso dell'Unione sovietica ad oggi hanno totalizzato appena quota 265 miliardi di dollari) e mettere in soffitta l'alleanza un tempo privilegiata con l'Iran, che potrebbe danneggiare i suoi rapporti con l'Occidente.
Mosca dunque ieri ha scelto di buttare a mare la corsa atomica degli ayatollah in cambio di maggiori legami con l'Occidente e la sua preziosa tecnologia. Ieri la Russia ha addirittura attaccato Teheran e il suo programma atomico, dopo che nei mesi scorsi aveva rinviato l'avvio della centrale atomica di Busher, congelato la vendita dei missili SS-300 e approvato le sanzioni in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite .
«L'Iran è vicino a possedere i mezzi necessari per creare armi atomiche - ha annunciato il presidente russo Dimitrij Medvedev - si appresta a possedere il potenziale che, in linea di principio, può essere utilizzato per creare un'arma nucleare». Una dichiarazione inusuale, quella del presidente russo, fatta durante un incontro nella capitale con gli ambasciatori russi.
Non solo. Medvedev ha espresso rincrescimento per il fatto che, pur avendo Teheran il diritto di procedere alla realizzazione di un programma nucleare civile (non vietata dal Trattato di non proliferazione nucleare), purtroppo «la parte iraniana non si è comportata nel migliore dei modi per ristabilire la fiducia reciproca». Insomma a sostenere le pretese dell'Iran sul dossier nucleare sono rimasti il Brasile di Lula e la Turchia di Erdogan.
Mosca infatti, come pure la Cina, ha votato lo scorso giugno, insieme con le altre grandi potenze del Consiglio di sicurezza dell'Onu, a favore di una quarta serie di sanzioni finanziarie e militari contro Teheran in risposta al rifiuto da parte iraniana di sospendere le sue attività di arricchimento dell'uranio.