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Imprese all'attacco di Obama

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 08:03.

NEW YORK - Barack Obama non ha scelto il giorno migliore per promuovere il suo rapporto con il mondo degli affari e il suo pacchetto di incentivi per l'economia. Ieri infatti, è uscita una serie di dati negativi che confermano, insieme a un parere preoccupato della Federal Reserve, il rallentamento della crescita. Peggio: sempre ieri la Camera di commercio americana, una delle voci più autorevoli del mondo degli affari, con forti simpatie repubblicane, ha scritto una lettera aperta in cui, senza troppi giri di parole, accusa la presidenza di essere «antibusiness».


Ieri Obama ha convocato alla Casa Bianca un gruppo di amministratori delegati per discutere di progetti di sviluppo e investimenti per creare posti di lavoro. E ha chiesto a Bill Clinton di essere un suo portabandiera in materia economica. L'onnipresente Bill ha accettato: parlerà del "suo" circolo virtuoso. Peccato che oggi appaia come un miraggio lontano.
La Camera di commercio, nella lettera a firma del presidente Tom Donahue, ha colpito Obama nel suo punto più debole, l'occupazione. La Casa Bianca «ha rinnegato la priorità numero uno per l'America: la creazione di quei 20 milioni di posti di lavoro di cui abbiamo bisogno nei prossimi 10 anni per coloro che sono disoccupati, che hanno lasciato il mercato del lavoro o che hanno dovuto accontentarsi di un part-time». Obama ha subito ribattuto con un rapporto firmato da Christine Romer, il capo degli economisti della Casa Bianca. Il pacchetto di incentivi da 867 miliardi di dollari «ha contribuito a preservare e a creare tre milioni di posti di lavoro ed è in perfetta sincronia per arrivare all'obiettivo previsto di 3,5 milioni entro la fine dell'anno», ha detto la Romer. Il problema è che non si potrà mai dimostrare di aver «salvato 3 milioni di posti di lavoro». Di più, i posti salvati sono stati soprattutto quelli di dipendenti pubblici - pompieri, poliziotti, insegnanti - il cui contributo all'economia non è un volano di crescita. «Non so bene come si pagheranno quegli stipendi quando il pacchetto si esuarirà in poche settimane», ha detto l'economista Allen Sinai. Una delle accuse centrali all'amministrazione dunque è quella di aver speso invece di investire. Accusa di nuovo respinta dalla Casa Bianca. Secondo la Romer il finanziamento governativo «di programmi ambientali, di sviluppo economico e di costruzioni, incoraggia il co-investimento da parte di imprese private. Ogni dollaro investito nel pacchetto di stimoli produce tre dollari di investimento privato e la creazione di posti di lavoro nel momento in cui l'economia ne ha più bisogno», dice ancora il rapporto della Romer.

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Tags Correlati: Allen Sinai | Barack Obama | Bill Clinton | Camera di Commercio | Christine Romer | Politica | Stati Uniti d'America | Tom Donahue

 

Ma la Camera di commercio è "tranchant". L'amministrazione, afferma la lettera, ha umiliato interi settori tuffandosi in una sconsiderata espansione del governo e regolamentazioni che distruggono posti di lavoro. Si aggiugano le componenti di incertezza, nemica della crescita e ci si rende conto del perché le aziende non investono le loro riserve. È questa la parte più dolorosa per Obama, perché è quella più vera. Molte aziende americane, grandi e piccole non sanno come reagirà il settore bancario alla riforma del sistema. E temono una chiusura dei rubinetti. Non sanno quale sarà l'impatto della nuova assicurazione medica obbligatoria. E dunque stanno ferme in attesa di capire. E portano fieno in cascina per prepararsi ai tempi più duri, quando l'amministrazione imporrà aumenti fiscali per far fronte al disavanzo pubblico. La proposta della Camera di commercio? Tagliare, almeno temporaneamente, le tasse. Il problema è che a settembre il pacchetto di incentivi si esaurirà. E i 7 milioni di nuovi posti di lavoro promessi da Obama per rendere la crescita sostenibile non si sono materializzati.
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