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Napolitano: dovere di tutti ridurre il debito pubblico

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 08:01.

ROMA
Coesione nazionale per non rischiare di essere travolti dal «fiume grande e tumultuoso» della globalizzazione. Unità nel combattere il debito pubblico, un macigno da rimuovere con un approccio deciso: la discussione è aperta su come raggiungere questo obiettivo, ma «non possiamo sottrarci in alcun modo a questo dovere».
Giorgio Napolitano è a Udine, parla agli amministratori locali e in particolare a un accenno alle «comuni responsabilità» contenute nell'intervento del sindaco Furio Honsell. La riduzione del debito è una «responsabilità collettiva cui non può sottrarsi alcuna parte politica»: Necessità resa ancor più stringente dalla difficile congiuntura che coinvolge le economie «europea, italiana e mondiale». S'impone in Europa la strada del consolidamento dei bilanci pubblici, e da noi la questione si intreccia con i temi del federalismo e della nuova geografia degli equilibri tra centro e periferia, disegnati dalla riforma del titolo V della Costituzione. Napolitano ribadisce con forza concetti già espressi più volte negli ultimi mesi: «Vogliamo un'Italia unita. Senza coesione nazionale, il nostro paese si perderebbe nel fiume della globalizzazione». Rischierebbe di essere relegato in poche parole ai margini dei grandi processi che stanno coinvolgendo l'intero mondo globalizzato. Il filo conduttore che unisce il paese è nella Costituzione «che salda in modo inscindibile l'unità della nazione e la promozione delle autonomie».
La Carta può essere modificata, del resto lo si è già fatto, ma nella parte dei principi fondamentali resta intangibile, tenendo conto che si tratta comunque di un «testo che resta altamente lungimirante». Napolitano guarda con favore e interesse al processo messo in moto con l'approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, con l'avvertenza, più volte ribadita, che l'unità del paese e la maggiore autonomia fiscale e impositiva di regioni ed enti locali non sono affatto in contrapposizione. Al contrario, è proprio la spinta e la scommessa del federalismo l'arma con la quale rafforzare la coesione nazionale.
Napolitano parla di Udine, città che subì e resse l'offensiva degli austriaci nella prima guerra mondiale. Conflitto che si concluse «con il rafforzamento dell'unità nazionale», dalle regioni ai comuni «che sono le istituzioni oggettivamente più vicine ai cittadini», alle province «in un percorso che bisogna seguire insieme».

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Tags Correlati: Danilo Turk | Furio Honsell | Giorgio Napolitano | Italia | Ivo Josipovic | Pietro Fontanini | Rapporto tra cittadini e istituzioni | Riccardo Muti

 

Occorre guardare al futuro traendo forza dall'insegnamento del passato. Una convinzione che si è consolidata in Napolitano nella storica serata della riconciliazione di due giorni fa a Trieste, al fianco dei presidenti sloveno e croato Danilo Turk e Ivo Josipovic, sotto la magica regia del maestro Riccardo Muti. Ieri, chiudendo la sua visita di due giorni in Friuli, si è recato alla parrocchia di San Nicolò, dove si trova il tempio ossario dei caduti della prima guerra mondiale. Vi sono custodite le spoglie di 25 mila caduti.
Le istituzioni - ha detto prima di lasciare la città - «bisogna vederle da vicino, una per una, per capire quale realtà rappresentano». È la risposta a quanto aveva osservato il presidente della provincia di Udine, Pietro Fontanini (in Friuli è difficile immaginare l'abolizione delle province). Parliamo spesso di riforme istituzionali « chiamando le istituzioni con i loro nomi che diventano delle sigle». Non dobbiamo fermarci a questo. Qui colpisce la ricchezza e la profondità del valore di rappresentanza della provincia di Udine».
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