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Pochi moli adatti alle grandi navi

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 17:52.


GENOVA
L'offerta infrastrutturale dei porti italiani non è adeguata alle esigenze del comparto crocieristico: risulta ingessata dalla burocrazia che ritarda gli iter per i dragaggi e l'ammodernamento delle banchine. E ha una ricaduta negativa anche sulla possibilità di costruzione di nuove navi. Tutte condizioni che,anziché attirare gli armatori, li spingono a guardare a porti non italiani. A lanciare l'allarme è Domenico Pellegrino, managing director di Msc Crociere (la compagnia italosvizzera di Gianluigi Aponte) che è player di rilievo sul mercato del Mediterraneo. Una recente ricerca, commissionata dal gruppo all'università veneziana di Ca' Foscari ha indicato in 1,5 miliardi di euro la ricaduta sul sistema economico italiano (impatto diretto, indiretto e indotto) dell'attività crocieristica di Msc nel 2009. E proprio a fronte di questi numeri, Pellegrino spiega come, troppo spesso, le esigenze delle compagnie di crociere non trovino adeguate risposte negli scali italiani.
«Nel nostro settore, si sta affermando - dice il manager - una leadership italiana nel bacino del Mediterraneo; il che può essere il driver della crescita di un turismo incoming di crocieristi, che non ha perso posizioni durante la crisi e, anzi, continua a guadagnarne. Perché il trend non di fermi, ritengo sia necessario che la rete infrastrutturale sia migliorata, attraverso una semplificazione normativa per gli interventi, un maggiore coordinamento e il superamento di particolarismi locali».
Msc ha varato una classe di navi, la Fantasia, di grandi dimensioni: 135mila tonnellate di stazza e una capacità di trasporto, per ogni unità, di quasi 4mila passeggeri. Si tratta di navi che hanno bisogno di adeguate infrastrutture portuali. «In Italia - sottolinea Pellegrino - si registra l'incapacità di compiere atti che servono alle esigenze delle navi più moderne, come i dragaggi dei fondali o l'adeguamento delle banchine. Eppure si tratta di operazioni con costi contenuti. Manca, poi, l'armonizzazione dei sistemi portuali e il coordinamento tra questi e, ad esempio, gli aeroporti, che sono i luoghi attraverso cui transitano molti crocieristi per arrivare ai punti d'imbarco. In Italia si continua a combattere contro un sistema infrastrutturale che pare inamovibile. Il nostro business, per contro, è mobile e, se non hanno un'offerta competitiva, gli armatori vanno altrove, magari all'estero. Barcellona, ad esempio, offre un sistema di collegamenti altamente competitivo».

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Tags Correlati: Domenico Pellegrino | Gianluigi Aponte | Italia | Mediterraneo | Msc Crociere | Trasporti e viabilità

 

Pellegrino afferma che il porto di Genova, dove sono partiti lavori di sulle banchine e dragaggi, «è un caso positivo, non così altri scali. A Bari, ad esempio, non possiamo entrare con le navi della classe Fantasia. Eppure dovrebbe essere chiaro che, anche sotto il profilo delle commesse (Msc ha da poco avviato un ordine per un'unità da 135mila tonnellate ai cantieri francesi Stx Europe, ndr), la costruzione di nuove navi è legata ai porti sui quali posizionarle; quindi la carenza di infrastrutture può rallentare anche la cantieristica».
Insomma, un serio allarme da un operatore che, recita lo studio di Ca' Foscari, nel 2009 ha segnato una spesa diretta in Italia di 510 milioni (21 dei quali nei 14 porti italiani toccati), cui si aggiungono 118 milioni spesi dai crocieristi Msc in transito.

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