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Berlusconi: vogliono delegittimarmi

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 08:04.

ROMA - Le inchieste sulla P3? «Una vergognosa montatura», messa in atto dalla sinistra e dai giornali per «indebolire il governo» che invece è quello che «più di ogni altro ha contrastato il crimine organizzato». Così Silvio Berlusconi nel messaggio inviato ai Promotori della libertà replica all'ondata di inchieste giudiziarie che ha già provocato le dimissioni di tre membri dell'esecutivo e reso ancor più aspro il confronto interno al Pdl. Alle affermazioni del premier ha risposto il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Il premier lo aveva già detto in mattinata al Consiglio dei ministri: «Cercano di delegittimarci, ma non ci riusciranno, non date retta ai giochi di palazzo, andremo avanti cinque anni», aveva assicurato durante la riunione di Palazzo Chigi. Parole lasciate filtrare e poi ribadite a distanza di poche ore nell'audio messaggio: «Tentano di coinvolgere il presidente del consiglio e il Pdl» per ribaltare il voto, ci «infangano» usando ancora una volta «la via giudiziaria» per cercare di trasformare con «un gioco di prestigio» la minoranza in maggioranza». Dal Pd però arriva la replica del segretario Pierluigi Bersani: «Le inchieste sull'eolico e sulla P3 stanno facendo emergere non un singolo malaffare ma un problema grave e Silvio Berlusconi anziché minimizzare dovrebbe venire in Parlamento».


Dopo giornate di silenzio, il Cavaliere però torna a mostrare i muscoli, evita di parlare dei problemi interni al partito, rivendica per il suo Pdl il ruolo di «pilastro portante» del governo e esclude qualunque ipotesi «diversa» dall'attuale esecutivo. Chiaro il riferimento alle «larghe intese» protagoniste della cronaca politica di questi giorni. «Non ci sono i numeri», dice il premier, che intanto però sta mandando in giro più di un ambasciatore a verificare la possibilità di estendere l'attuale maggioranza ai centristi di Casini ma anche di Rutelli e ai liberaldemocratici. Un'operazione condotta in sordina e ufficialmente smentita ma che più di una fonte conferma essere in atto.

Berlusconi cerca di rintuzzare gli attacchi. Rilancia sulla rapida approvazione della legge sulle intercettazioni e annuncia per il futuro la riforma fiscale. Dietro le quinte però lavora a una strategia per rimettere ordine nel Pdl e nella maggioranza. L'eventuale sostegno di parlamentari attualmente esterni al Pdl faciliterebbe il ridimensionamento del pericolo rappresentato dal presidente della Camera, che ha i numeri in parlamento per mettere in difficoltà il governo. Ma c'è anche il timore della Lega. I Lumbard assicurano pieno sostegno al Cavaliere. Ma le parole non sono sufficienti a rassicurare il premier, che teme l'asse con Giulio Tremonti. Ieri ha avuto con Bossi un colloquio chiarificatore al termine del Consiglio dei ministri. Ma le dichiarazioni d'intenti ultimamente sono state spesso superate dagli avvenimenti. Il Senatur ha invitato il Cavaliere a sfoderare la spada ma Berlusconi non ancora deciso verso chi brandirla.

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Tags Correlati: AN | Comitato Esecutivo | FI | Gianfranco Fini | Giulio Tremonti | Giustizia | La Russa-Bondi-Verdini | Lega | PD | PDL | Pierluigi Bersani | Silvio Berlusconi

 

L'annuncio dato ieri a Palazzo Chigi, che si tratterrà a Roma ad agosto per dedicarsi alla riorganizzazione del partito è un primo segnale. Così come l'input ai ministri di non «non partecipare a risse televisive» con i finiani. Il primo obiettivo ora è serrare le fila dei suoi fedelissimi, che si muovono in ordine sparso e contemporaneamente pianificare una strategia per anestetizzare il conflitto con Fini. L'ipotesi dell'allargamento della maggioranza è una. L'altra è la ridefinizione degli equilibri interni. Ma anche questa è una strada perigliosa. Il can can sul coordinatore unico del partito e quindi sull'azzeramento del triumvirato La Russa-Bondi–Verdini è iniziato troppo presto e soprattutto è stato un errore che a perorarlo siano esponenti come Frattini, Gelmini o Carfagna da sempre ritenuti vicinissimi al Cavaliere. Così facendo hanno allarmato gli ex An che hanno rotto con Fini. E non a caso La Russa ha già detto che se si dovesse arrivare a un coordinatore unico questo spetterebbe a un ex An, visto che Fi può contare sul ruolo di presidente e premier di Berlusconi.
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