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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 08:00.
Silvio Berlusconi ha l'opportunità per dare un valore non trascurabile al suo interim allo Sviluppo economico (durato già fin troppo): tirar fuori dai cassetti la legge sulla concorrenza che i suoi uffici gli hanno preparato per la scadenza fissata dalla legge al 30 giugno. È vero, alle orecchie del premier un provvedimento del genere potrebbe suonare come una «lenzuolata» vecchia maniera e Berlusconi non ha certo voglia di correre dietro a politiche (peraltro timide e largamente fallite) che furono del centro-sinistra. Non c'è, però, da andare troppo per il sottile in questo momento: l'economia ha bisogno di riforme che ne liberino il potenziale di sviluppo, bloccato fra eccesso di burocrazia e mercati chiusi.
La legge sulla concorrenza andrebbe proprio nella direzione della crescita. Se poi il premier volesse arricchirla con temi che per il centro sinistra sono sempre stati tabù, basterebbe aggiungere all'attuale bozza il completamento della riforma dei servizi pubblici locali, avviata con il decreto Ronchi-Fitto. Quella riforma - una delle cose buone fatte da questo governo - è ancora incompiuta e insufficiente a ridimensionare drasticamente il fenomeno italico e perverso del "socialismo municipale": migliaia di società controllate dagli enti locali che non solo impediscono la concorrenza nei loro mercati storici dei servizi pubblici, ma non di rado si tuffano - forti delle posizioni di rendita - in mercati aperti, come i servizi informatici, in competizione (sleale) con gli operatori privati.
Ecco, la legge sulla concorrenza timbrata direttamente dal premier sarebbe un ottimo modo per ripartire dopo il rigore inevitabile della manovra di Giulio Tremonti e dopo lo spettacolo offerto dalla maggioranza in queste settimane. Sarebbe il segnale per dire che da qui alla nuova finanziaria di settembre la strada da percorrere è quella delle riforme per la crescita. Sarebbe anche difficile per le mille componenti in cui si sta frantumando il Pdl opporsi a questa via.
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Semmai, aldilà delle beghe di palazzo, sarebbe un buon modo per tentare di ricompattare la maggioranza parlando di cose concrete: occupazione, crescita, ripresa, concorrenza, investimenti.