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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 08:06.
ROMA
Nessun complotto contro l'attuale governatore della Regione Campania, Stefano Caldoro. Si è difeso così, ieri pomeriggio, l'ex sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, ascoltato per quattro ore dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli, nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P3. «Non ho in alcun modo tentato di screditare Stefano Caldoro» ha detto Cosentino, indagato per associazione a delinquere e violazione della legge Anselmi. L'ex sottosegretario è accusato di avere preparato un dossier a luci rosse per screditare Caldoro e affossarne la candidatura in vista delle ultime elezioni regionali. Un progetto, ipotizzano gli inquirenti, in combutta con l'associazione segreta di cui avrebbero fatto parte Flavio Carboni, l'ex giudice tributario Pasquale Lombardi, l'imprenditore campano Arcangelo Martino e l'ex assessore al contenzioso legale della Campania, Ernesto Sica.
Tra gli episodi contestati a Cosentino ci sono anche anche le pressioni sul presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, per anticipare l'udienza sulla discussione del ricorso presentato dall'allora sottosegretario contro la misura cautelare emessa nei suoi confronti dalla procura di Napoli. Pressioni esercitate per conto del gruppo da Lombardi per salvare la candidatura di Cosentino. Che avrebbe dato mandato a Lombardi, come ha raccontato quest'ultimo nell'interrogatorio dello scorso 10 luglio, di intervenire per convincere Carbone ad anticipare l'udienza. Lombardi ha confermato che parlò all'ex presidente della Cassazione – al quale, ha detto, era solito regalare dell'olio d'oliva – del possibile aumento dell'età pensionabile dei magistrati «dai 75 ai 77 anni, che gli avrebbe consentito di restare in carica altri due anni». Sia Lombardi che Carboni (i due arrestati dell'inchiesta, insieme a Martino) negli interrogatori hanno svelato un nuovo particolare. Secondo i due, durante la riunione a casa del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, del 23 settembre 2009 (presenti, oltre ai tre arrestati, il senatore Marcello Dell'Utri, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, e l'ex avvocato generale della Cassazione, Antonio Martone), non si parlò, come ipotizzano i pm, dell'intervento sulla Consulta per il lodo Alfano, ma della possibile candidatura di Miller alla presidenza della Regione Campania. In particolare, Lombardi smentisce la partecipazione alla riunione di Martone. L'ex giudice tributario conferma invece il suo interessamento nella vicenda del Lodo Alfano, «per acquisire meriti con il capo del mio partito, onorevole Silvio Berlusconi, affiché potesse ritenersi che ero in grado di arrivare anche ai giudici della Corte Costituzionale». Riguardo alla telefonata con Cosentino del 2 ottobre 2009, Lombardi dice però di non ricordare a chi faceva riferimento quando diceva «lui è rimasto contento per quello che stiamo facendo per il 6» ottobre, data prevista per la decisione della Consulta, negando che possa trattarsi di Verdini. L'ex giudice tributario ha smentito che l'intervento sul lodo Alfano fosse la contropartita per la richiesta di candidare Cosentino e ha confermato di essere intervenuto per favorire le nomine di magistrati “amici”: il procuratore di Nocera Inferiore, Gianfranco Izzo, e quello di Isernia, Paolo Albano. Lombardi ha infine confermato di avere contattato il presidente della Corte d'Appello di Milano, Alfonso Marra, per conoscere l'esito del ricorso elettorale presentato da Roberto Formigoni contro l'esclusione dalle regionali della lista “per la Lombardia”. Quanto alla richiesta di ispezione nei confronti del collegio che respinse il ricorso, che secondo i carabinieri sarebbe stata sollecitata da Formigoni, l'ex giudice è netto: «Si tratta solo di stupidaggini». Nei prossimi giorni il procuratore aggiunto Capaldo convocherà in procura per interrogarli Verdini e Dell'Utri. Quanto alle polemiche politiche suscitate dalla sua intervista pubblicata ieri da un quotidiano, Capaldo ha smentito di averla concessa: «Non ho mai parlato di una società occulta devastante che condizionava le istituzioni».