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Mister Obama sul filo dell'equilibrio

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 08:01.

I commentatori economici sono impantanati in una sterile diatriba tra "occupazione" e "deficit" che può apparire semplice ma che, invece di chiarire le scelte politiche che Usa, Europa e altri paesi si trovano davanti, ha creato confusione.
I detrattori si lamentano che l'impegno costante da parte dell'amministrazione del presidente Obama per sostenere la ripresa a breve termine e ridurre il deficit di medio e lungo periodo crea un "messaggio ambiguo". In realtà, è la sola strada percorribile in un sistema economico che si trova ad affrontare la duplice sfida di una carenza della domanda nell'immediato e di una situazione dei conti pubblici che, per essere sostenibile, necessita di correzioni sul medio periodo. La maggior parte degli economisti, di diverse tendenze, probabilmente sottoscriverebbe tre concetti di base sulla politica di bilancio.

Primo: in circostanze normali, le dimensioni del disavanzo pubblico incidono sulla composizione ma non sul livello della produzione. In queste condizioni, un disavanzo più alto porterà un aumento della spesa pubblica oppure un aumento dei consumi privati. Ma, dato che i tassi d'interesse tendono ad aumentare per bilanciare la domanda e l'offerta fino alla piena occupazione o al livello di produzione agognato dalla Banca centrale, qualsiasi incremento di queste fonti di domanda sarà compensato dalla riduzione degli investimenti e delle esportazioni. Pertanto, un deficit di bilancio non stimolerà né la produzione, né l'occupazione.
Secondo: dove il livello di produzione di un'economia è frenato dalla domanda e la Banca centrale, nella migliore delle ipotesi, può allentare questo freno solo fino a un certo punto non potendo far scendere i tassi d'interesse sotto lo zero, la politica di bilancio può avere un impatto significativo sulla produzione e sull'occupazione. Attraverso la spesa pubblica diretta o attraverso tagli alle tasse per promuovere la spesa privata, le assunzioni o gli investimenti, i governi dispongono di una gamma di strumenti per incrementare la domanda in maniera diretta. Dato che un aumento della domanda accresce le entrate, queste misure fanno crescere ulteriormente la produzione, sviluppando l'economia e riducendo la disoccupazione.

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Tags Correlati: Barack Obama | Domanda interna | Gaia Seller | Lawrence Summers

 

Nella misura in cui queste politiche espansive influiscono sulla crescita, il loro impatto sull'indebitamento futuro è attenuato dal fatto che cresce il gettito, si riducono i trasferimenti e l'economia riesce a reggere meglio l'indebitamento.
Terzo e ultimo: c'è la convinzione radicata che l'aspettativa di una riduzione del disavanzo, una volta che un'economia si è risollevata e non è più in deficit di domanda, produca effetti benefici. Fra i più importanti tra questi ci sono l'aumento della fiducia e la riduzione delle spese in conto capitale, che incoraggiano gli investimenti ancor prima che si riduca il disavanzo. Questi effetti sembrano particolarmente importanti quando i disavanzi probabili sono consistenti, e fanno nascere dubbi sostanziali sulla sostenibilità o persino sull'affidabilità creditizia. Nella maggior parte dei paesi industrializzati, trovandosi le economie in una condizione di trappola della liquidità o quasi, le politiche adottate dovrebbero tener conto di queste due ultime affermazioni. Insieme, forniscono degli argomenti in favore di provvedimenti di bilancio che mantengano o incrementino la domanda sul breve periodo rassicurando al tempo stesso i mercati sulla sostenibilità a medio termine.
Lawrence Summers è il principale consulente economico del presidente Barack Obama ed è direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca.
(Traduzione di Gaia Seller)
© THE FINANCIAL TIMES

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