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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 08:01.
Retrocessa. L'Irlanda è stata declassata da Moody's: da Aa1 ad Aa2, con un outlook però stabile e non più negativo che lascia quindi prevedere che il nuovo voto resterà valido almeno per qualche tempo. Il rating corrisponde infatti alla AA già attribuita da Standard & Poor's, mentre è più alto di un livello dell'AA- concesso dalla Fitch.
L'annuncio è stato fatto ieri mattina e ha suscitato qualche polemica. È giunto solo un giorno prima delle due importanti aste di oggi: una di titoli di stato a sei anni, da un miliardo di euro; un'altra di decennali, da 1,5 miliardi. La differenza dei rendimenti dei bond 2020, rispetto a quelli tedeschi, è così salita da 291 a 301 punti base (3,01 punti percentuali), il massimo dal 2 luglio, anche se è poi tornato a quota 295. «La scelta dei tempi - ha spiegato alla Reuters Alan McQuaid della Bloxham - non è stata bella, e questo certamente aumenterà il premio (per il rischio, ndr) che occorrerà pagare per ottenere risorse». La risposta dei mercati, in ogni caso, è stata effimera: l'euro in particolare ha perso momentaneamente terreno - è calato a 1,2872 da 1,2893 dell'apertura - per poi recuperare quanto aveva perso e spingersi ben oltre quota 1,29.
Ha molto inciso il nuovo outlook di Moody's: «Potrebbe indicare - ha aggiunto David Schnautz di Commerzbank - che i rischi sono ora piuttosto bilanciati e questo alla fine dovrebbe risultare in un sostegno per i bond irlandesi e per quelli della periferia europea».
Il declassamento, oltre ad allineare - dopo mesi - il voto di Moody's con quello attribuito a giugno 2009 da S&P's, è stato spiegato dalla stessa agenzia come una conseguenza delle «graduale ma significativa perdita di forza finanziaria del governo irlandese, che si è riflessa in un deterioramento della disponibilità del debito», ha spiegato in un comunicato Dietmar Horning, Senior Credit Officer di Moody's. Secondo l'agenzia, la crescita del Pil irlandese sarà al di sotto della sua media storica nei prossimi tre-cinque anni: il settore bancario e quello immobiliare, che hanno trainato l'attività economica in passato, avranno invece un ruolo molto limitato nel prossimo futuro. Il Pil - secondo Moody's - potrà quindi crescere del 2-3% l'anno dal 2011, meno quindi del 4% indicato dal governo. Anche il Fondo monetario internazionale, la settimana scorsa, ha ritenuto possibile che il 2010 si chiuda con una flessione del Pil dello 0,6% - con una ripresa entro fine anno - mentre il 2011 potrebbe vedere una crescita del 2,3%, interiore rispetto al 3% previsto dall'Unione europea e del 2,4% del consensus di mercati, e il 2012 una del 2,5 per cento.