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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 15:09.
Le ripercussioni della crisi economica colpiscono anche gli animali. L'allarme è contenuto in un documento del Comitato bioetico per la veterinaria presentato oggi al Senato. Sempre più, spiega il presidente del Comitato, Pasqualino Santori, si assiste ad abbandoni di animali, al randagismo addirittura di cavalli, alla mancanza di cure in malattia, a una scarsa prevenzione, a richieste di eutanasia. «Contemporaneamente – spiega Santori – si assiste a un crollo dei prezzi alla produzione nel comparto della produzione di alimenti e di conseguenza peggiorano le condizioni di vita degli allevatori, dei lavoratori e degli animali allevati».
Un problema da non trascurare se si considera che secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità oltre il 70% delle malattie infettive umane hanno avuto come primo serbatoio gli animali. «Una diminuita attenzione alla prevenzione – sottolinea Agostino Macrì dell'Istituto superiore della sanità – che dovesse essere il frutto delle ristrettezze di bilancio legate alla crisi economica potrebbe costituire un serio pericolo per la salute umana».
Già oggi, sottolinea Santori, si fa molta meno prevenzione. «La percezione è largamente diffusa negli ambulatori veterinari e dai dati provenienti dalle stesse case farmaceutiche, dove si vede che i consumi di farmaci, in particolare per la prevenzione, sono diminuiti». Il documento del Comitato di bioetica segnala come le spese per la convivenza con gli animali siano aumentate insieme ad altre, ma invita a una riflessione morale, se fra i consumi da razionalizzare fosse incluso il mantenimento degli animali.
I veterinari stessi sono in difficoltà e rilevano già da tempo il disagio di persone con problemi economici, si raffrontano con le difficoltà di pagamento da parte degli allevatori in crisi, con le ristrettezze economiche delle famiglie, con la richiesta di volontariato da parte della amministrazioni pubbliche alle prese con emergenze. Peraltro in Italia la maggior parte degli animali non sono da compagnia, ma da reddito, quindi coinvolti in attività economiche.
Il comitato ha quindi stilato una serie di raccomandazioni. La prima è di non dimenticare che gli animali sono esseri senzienti e quindi il loro status non può essere assimilato a quello di un semplice bene economico. La seconda è di fare attenzione alle priorità nella riduzione delle spese. La terza è una responsabilità del consumatore nei suoi acquisti di prodotti alimentari e non di origine animale. Si chiede, in particolare, una riflessione sul fatto che davanti al bancone di un supermercato non si provi stupore nel vedere che un chilo di salsicce costi meno di un chilo di pane: si avalla, spiega il comitato, «un misfatto se solo si considera che per produrre un chilogrammo di carne dovrebbero essere necessari dieci chilogrammi di granaglie, le stesse con le quali si produce direttamente e con costi ben inferiori il pane». Al quarto punto il consenso informato per condividere con i proprietari degli animali i limiti dei costi dei doversi percorsi diagnostici e terapeutici. Poi si chiede una riduzione delle inefficienze della pubblica amministrazione anche nei comparti della veterinaria, una riflessione sulla valenza morale della prestazione gratuita e controlli e sanzioni in caso di maltrattamento malgrado le difficoltà economiche.