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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2010 alle ore 16:25.
«Spazio ai giovani docenti, via i professori ultrasessantacinquenni: l'università deve servire ai ragazzi non ai baroni». A parlare è il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, dal meeting pidiellino di Viareggio «Dedalo 2010», all'indomani dell'arrivo in Senato del Ddl di riforma degli atenei. La titolare di Viale Trastevere ha difeso l'impianto complessivo della riforma, soprattutto perchè, ha detto, «segna il tramonto del radicato meccanismo della parentopoli e del nepotismo, aprendo, invece, verso la meritocrazia».
Accolta da striscioni e comitati di contestatori, Gelmini ha evidenziato anche come con l'entrata in vigore delle nuove norme, il Governo punti a «programmare un'offerta formativa diversa» che non sia incentrata sulla quantità, come si è fatto fino a oggi con il finanziamento a pioggia di corsi didattici inutili (che dal prossimo anno subiranno un taglio del 20%), ma sulla qualità. Vogliamo, ha aggiunto, «inserire il principio federalista anche negli atenei, responsabilizzando le regioni e svecchiare il corpo docenti, istituire un'abilitazione nazionale da conseguire attraverso concorsi trasparenti a cui tutti possono accedere con nomine sganciate dalla politica e un'agenzia esterna che valuterà il lavoro dei docenti, ore di lezione, ricevimenti e appelli d'esame rispettati».
Parlando invece del Fondo per il merito, il ministro ha sottolineato che dovrà consentire a tutti di accedere a una buona università, «anche attraverso borse di studio da parte dello Stato». Gelmini ha lanciato poi uno stoccata ai docenti in protesta da giorni contro la riforma a discapito della didattica. Si tratta, ha detto, di «atti indecorosi». Si può essere legittimamente in dissenso, ha aggiunto, «ma non si devono danneggiare gli studenti».