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Contador vince il Tour, l'Italia si consola con la maglia verde di Petacchi

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2010 alle ore 17:36.

Anche a Parigi non c'è storia. L'inglese Mark Cavendish, detto non a caso "Palla di Cannone", sfreccia sui Campi Elisi lasciandosi alle spalle il mucchio selvaggio degli sprinter. È il suo quinto successo in questo Tour. Troppo forte, troppo potente. Di un altro pianeta. Una simpatica faccia da schiaffi che, attualmente, non ha rivali. Dietro di lui, l'unico velocista che, in questa edizione è riuscito a batterlo due volte: Alessandro Petacchi. Lo spezzino, nonostante i vari acciacchi, i suoi 36 anni, e un'inchiesta giudiziaria per doping che l'attende in Italia, riesce a centrare il secondo posto conquistando, come si sperava, la maglia verde.

Un bel successo per Petacchi (l'ultima maglia verde risale a Bitossi nel 1968); una magra consolazione per il ciclismo italiano che esce male da questo Tour con le deludenti prestazioni di Ivan Basso e Damiano Cunego. Ma sul podio più alto del Tour, data ai velocisti la vetrina che meritano, c'è ancora Alberto Contador. Con l'Arco di Trionfo alle spalle, lo spagnolo ride con la mano sul cuore mentre suona l'inno della Spagna. Un inno che, facciamocene una ragione, conosciamo bene. Dire che questo è l'anno della Spagna è un tormentone. Però… Nel giorno in cui Alberto Contador, a soli 27 anni, festeggia sui Campi Elisi il suo terzo successo al Tour de France, Fernando Alonso, con un piccolo "aiutino", vince in Formula Uno nel Gran Premio di Germania. Ai Mondiali di calcio, sapete come è andata. E allora mettiamoci il cuore in pace e godiamoci, come merita, questa nuova impresa di Contador, spagnolo di Pinto, che ha conquistato un Tour che gli stava sfuggendo di mano come una saponetta. L'ha vinto per 39 secondi, una miseria, davanti al giovane Andy Schleck, l'unico avversario che ha saputo tenergli testa fino all'ultimo metro della cronometro di sabato. Ad un certo punto, lo sapete, il lussemburghese gli aveva quasi rosicchiato il tesoretto di 8 secondi che aveva alla partenza. Ma poi è uscita la classe di Contador: e il sogno del giovane Andy è svanito nel calore dell'asfalto. Alla fine, lo spagnolo, lo ha lasciato dietro di 39 secondi. Un distacco uguale al tempo perso da Schleck per l'ormai famoso salto della catena nella tappa di Port de Balès.

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Molto si è detto, su questo episodio. Chiaro che Contador, prendendo il largo nel momento dell'incidente dell'avversario, non è stato un modello di cavalleria. Ma il ciclismo, come dicevano i vecchi cronisti, non è un ballo in maschera. Inchini e minuetti non rientrano nella storia del Tour. Per una maglia gialla si è visto ben di peggio. L'unico appunto che si può fare a Contador è quello d'aver fatto il finto tonto. Doveva ammetterlo senza problemi: certo, cari amici, sono scattato. E cosa dovevo fare? Lasciarmi sfuggire una occasione così ghiotta solo per fare il bel gesto? Spiacente, ma qui sono in corsa, non nella sala degli specchi di Versailles.
Bene, chiusa la polemica sul "bon ton " di Contador, andiamo al punto. Lo spagnolo ha conquistato la sua terza maglia solo per un motivo: perché è ancora un gradino sopra Schleck. Forse anche due. Lo si è visto sul Tourmalet dove Andy non è mai riuscito a staccare Contador. Non solo: non ci ha neppure provato. Tanto è vero che i due rivali sono arrivati insieme sulla cima come due amichetti. Uno spettacolino messa in scena per stampa e tv che, alla fine, è diventato un po' stucchevole. La rivalità, diciamolo, fa bene. E anche un po' di sana cattiveria agonistica. Se poi fuori dal ring (pardon, dalla tappa) si è anche amici, tanto meglio. Ma non è indispensabile. Semmai il vero rammarico di Schleck
È quello d'aver perso 42 secondi in otto chilometri nel cronoprologo di Rotterdam. Qui si è giocato la maglia gialla. Il resto sono chiacchiere.
Che dire allora di questo Tour? Che è stato bello, ma non bellissimo. Avvincente, ma anche un po' prevedibile. Che alla fine la Grande Sfida si è depotenziata in una stretta di mano. Che tante montagne hanno partorito tanti topolini e due giganti. Due giganti che, però, hanno preferito non suonarsele. Succede. Non è la prima volta. Il colpo di scena, come dicevano c'è stato; nella cronometro finale. Schleck che va più forte in una prova contro il tempo è una novità assoluta. E Contador, mentre gli comunicavano via radio gli intertempi, si è preso un bel coccolone. Però ha reagito da fuoriclasse e quindi tanto di cappello. La vita è strana: 6 anni fa Contador ha rischiato di morire per un aneurisma alla testa. Ora è il ciclista più forte del mondo. L'Astana, pur di tenerselo, è disposta a dargli cinque milioni di euro a stagione. Valuterà con calma. Ma Alberto dalla sua ha tutto visto che, a 27 anni, ha già centrato tre Tour, un Giro d'Italia e una Vuelta di Spagna, impresa riuscita solo a Merckx, Hinault, Gimondi ed Anquetil. Insomma, Contador ha ancora tanta strada da fare. Il Grande Miguel Indurain il suo primo Tour l'ha vinto a 28 anni. Per questo Schleck è contento, ma non contentissimo. Perché sa che Contador se lo troverà davanti, o di fianco, ancora per un bel po' di anni. Auguri.

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