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Trovati altri 8 milioni nell'affare Digint

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2010 alle ore 09:25.


ROMA.
Dopo i 10 milioni sequestrati a Lorenzo Cola, il consulente esterno di Finmeccanica finito in carcere, spuntano altri 8 milioni legati all'affare Digint, l'operazione che alla fine del 2007 portò un gruppo di soggetti legati all'uomo d'affari campano Gennaro Mokbel a rilevare per 8,3 milioni di euro il 51% della società dalla lussemburghese Financial Lincoln, titolare a sua volta del 51% di Digint, partecipata al 49% da Finmeccanica. Ieri Marco Iannilli, commercialista che presentò Cola a Mokbel, interrogato per quattro ore dai magistrati romani che indagano sulla vicenda ha esibito gli estratti del suo conto corrente presso la San Marino Investimenti (la principale holding finanziaria del Titano, anch'essa al centro di un'inchiesta per riciclaggio) da cui risulta il transito di circa 8 milioni di euro provenienti da istituti di credito di Singapore e Hong Kong. Si tratta, ha spiegato Iannilli, di parte del denaro utilizzato da Mokbel per la Digint, un affare costato in realtà, come appurato dagli inquirenti, solo un milione. Gli altri 7,5 hanno preso la strada di paradisi fiscali esteri, forse per costituire fondi neri. Iannilli, assistito dai legali Piergiorgio Manca e Fabio Lattanzi, si è riservato di produrre in un nuovo interrogatorio da fissare a breve altra documentazione utile a spiegare in che direzione siano transitati gli 8 milioni. I pm sospettano che i soldi siano finiti in parte nel conto di Cola in Svizzera, passando per il Lussemburgo, e in parte su altri conti nel Granducato. Le informazioni fornite dal commercialista sono considerate di grande utilità dai magistrati che per averle avevano inoltrato una rogatoria a San Marino. Durante l'interrogatorio Iannilli, che è ai domiciliari, ha confermato quanto dichiarato da due altri indagati, Marco Toseroni, braccio destro di Mokbel, e dall'ex senatore Nicola Di Girolamo. Mokbel, avevano detto, ripeteva spesso che i vertici di Finmeccanica erano a conoscenza dell'operazione Digint.
Intanto sul fronte dell'inchiesta sulla P3, dopo una settimana di riflessione, riprendono da lunedì gli interrogatori di indagati e testi. Si parte con il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, e con il senatore Marcello dell'Utri. Intanto dalle carte dell'inchiesta emergono nuovi particolari. In una serie di conversazioni telefoniche con imprenditori e con Dell'Utri, Carboni dice di volere coinvolgere nel progetto legato agli impianti eolici in Sardegna anche Giovanni Antonini, presidente della Banca Popolare di Spoleto (non è indagato), che ieri ha smentito. E non si placano le polemiche legate al coinvolgimento di magistrati nell'inchiesta. Ieri l'Anm ha rilanciato la questione morale, attaccando il procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, per l'azione disciplinare avviata nei confronti del presidente della Corte d'Appello di Milano, Alfonso Marra. Azione che, secondo il presidente dell'Anm, Luca Palamara, «se non accompagnata da alcuna richiesta cautelare, potrebbe finire di fatto per sottrarre al Csm l'iniziativa su una vicenda che ha gettato grave discredito sull'istituzione giudiziaria».

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Tags Correlati: Anm | Banca Popolare di Spoleto | Corte d'Appello | Csm | Fabio Lattanzi | Finmeccanica | Gennaro Mokbel | Giovanni Antonini | Giustizia | Marcello dell'Utri | Marco Iannilli | Nicola Di Girolamo | PDL | Piergiorgio Manca

 

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