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Estremo, ambientalista e bastian contrario: ecco chi è (l'ultrafiniano) Fabio Granata

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2010 alle ore 15:21.

Per capire di che pasta è fatto Fabio Granata, finiano doc e vicepresidente dell'Antimafia, che ora molti nel Pdl vorrebbero condurre al patibolo, basterebbe una sua battuta di qualche giorno fa. «Dai probiviri ci andrò e sarei felice se mi accompagnassero Nicola Cosentino e Denis Verdini». Più che una resa, una dichiarazione che sa di sfida. L'ennesima, per la verità, lanciata al suo partito. Dove, non a caso, il finiano si è conquistato l'etichetta di «rompiscatole».

Chi, come Carmelo Briguglio, stessa pattuglia parlamentare, lo conosce da una vita, lo descrive così. «Fabio è stato sempre estremo, non un estremista però. È molto impulsivo, di difficile irreggimentazione, ma è una persona perbene e intellettualmente onesta». Certo, ammette ancora Briguglio, «lui è sempre la metà irrequieta, io invece la parte più riflessiva e cerco di dargli dei suggerimenti in questo senso, l'ho fatto anche stamattina quando ci siamo sentiti». Per Granata, infatti, il periodo non è dei più semplici e nel Pdl adesso si fa a gara per chiederne la testa. «Lui ha un percorso di coerenza dentro il partito - chiarisce Briguglio - e ha sempre portato la bandiera dell'antimafia di destra. È una trincea che ha sempre presidiato ed è stato Fabio a lanciare il tema della legalità offrendo a Gianfranco Fini la strada per distinguersi da Silvio Berlusconi».

Insomma, quasi un "suggeritore" per il presidente della Camera, cui Granata si è avvicinato negli ultimi anni. Perché, va detto, tra i due non sono sempre state rose e fiori. Non quando, ancora giovanissimi, militavano nel Movimento sociale italiano, ma su due diverse sponde: Fini delfino di Giorgio Almirante, Granata vicino a Pino Rauti. Un rapporto difficile al punto che, nel 1992, Granata abbandonò il partito in polemica con Fini, ma soprattutto con il disegno strategico dell'alleanza tra Forza Italia e An.

Poi, dopo esser rimasto sedotto da Leoluca Orlando e dal suo movimento, il ritorno a casa nel 1994. Dove è diventato uno dei legionari più fedeli di Fini. Tanto che, più d'uno nel Pdl, è pronto a scommettere che il presidente della Camera non lo abbandonerà. Nemmeno ora che, soprattutto tra gli uomini di Berlusconi, sta montando una fortissima corrente anti-Granata. Vero è, però, che i suoi nemici non si rintracciano solo nel fronte berlusconiano. «Granata - si lascia andare un finiano - è uno che ha sempre sognato che si parlasse di lui come un martire». Un "martire" che di battaglie contro sembra essere però molto avvezzo. E non solo nelle aule parlamentari. Visto che da assessore ai Beni culturali in Sicilia si battè come un leone per bloccare le trivellazioni nella Val di Noto, tanto da guadagnarsi la stima e la simpatia di Legambiente.

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Tags Correlati: AN | Carmelo Briguglio | Denis Verdini | FI | Fronte della Gioventù | Giorgio Almirante | Giustizia | Legambiente | Leoluca Orlando | Nicola Cosentino | Paolo Borsellino | PDL | Sicilia | Silvio Berlusconi

 

La sensibilità "verde" è comunque solo una delle sue passioni. L'altra è quella per Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia nel 1992, che Granata invitò, l'anno prima della sua morte, a un convegno a Siracusa organizzato dall'allora Fronte della Gioventù. «Quell'incontro - sottolinea Briguglio - l'ha fortemente segnato». Al punto che oggi, sull'home page del sito di Granata, campeggia un breve commento firmato da Manfredi Borsellino. «Nella tua persona - scrive il figlio di Borsellino - intravedo la stessa sicilianità e lo stesso amore per la nostra terra che aveva mio padre».


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