Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 08:00.
ROMA
Si allunga la lista degli indagati dell'inchiesta sulla P3. Da ieri si è aggiunto il sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo, che giovedì mattina sarà interrogato dai pm. Le ipotesi di reato sono associazione a delinquere e violazione della legge Anselmi, le stesse già contestate al coordinatore del Pdl, Denis Verdini, all'ex sottosegretario Nicola Cosentino, e al senatore Marcello Dell'Utri, che ieri pomeriggio davanti ai pm si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma il numero degli indagati è destinato a salire ancora. A rischiare di più sono il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, il capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, l'ex avvocato generale della Cassazione, Antonio Martone, e l'ex presidente della Suprema Corte, Vincenzo Carbone.
L'iscrizione di Caliendo era nell'aria da tempo. In un'informativa del 18 giugno i carabinieri scrivevano: «Il sodalizio si giova dell'appoggio di due referenti politici, i parlamentari Dell'Utri e Verdini. Altri personaggi vicini al gruppo, che prendono parte alle riunioni nel corso delle quali vengono impostate le principali operazioni o che paiono fornire il proprio contributo, sono i giudici Miller, Martone e il sottosegretario Caliendo». Che è chiamato in causa per diversi episodi, dal pranzo del 23 settembre 2009 nella casa romana di Verdini, per decidere come intervenire sul lodo Alfano, alla nomina di Alfonso Marra a presidente della Corte d'Appello di Milano, passando per il ricorso in Cassazione di Cosentino contro il provvedimento cautelare emesso nei suoi confronti dai pm di Napoli, fino all'ispezione ministeriale al collegio che respinse il ricorso elettorale della lista di Formigoni. «Non ho mai contattato né fatto elenchi di giudici della Corte costituzionale favorevoli o contrari al lodo Alfano - ha commentato Caliendo - al pranzo da Verdini sono rimasto appena mezz'ora» .
Marcello Dell'Utri ieri non ha risposto alle domande dei pm. «L'unica volta che ho parlato a Palermo per 17 ore, quindici anni fa – ha detto alla fine dell'interrogatorio - mi hanno rinviato a giudizio. Da allora mi avvalgo sempre della facoltà di non rispondere. È una regola fondamentale per chiunque è indagato, la consiglio a tutti». Per gli inquirenti il ruolo di sponda politica della P3 svolto da Dell'Utri è superiore a quello di Verdini, sia per la sua posizione di forza nel partito, sia per il suo ruolo di fondatore di Forza Italia. Quanto a Verdini, l'interrogatorio di lunedì non ha fatto cambiare idea ai pm, che ribadiscono il loro impianto accusatorio. Non convincono le spiegazioni sui 2,6 milioni pagati a Verdini dalla Società Toscana Edizioni: i pm sospettano che i fondi provenissero da Flavio Carboni e che fossero destinati a finalità illecite. I magistrati non credono a Verdini neanche quando sostiene di non avere sollecitato lui la nomina di Ignazio Farris a direttore dell'Arpa Sardegna, come riferito dal governatore Ugo Cappellacci. Quanto ai pranzi nella casa romana, l'esponente Pdl ne ha minimizzato l'importanza, affermando di essere solito organizzare ricevimenti, «oltre 500 finora».