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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 17:13.
«Non ho mai saputo nulla di associazioni segrete né conosco le attività e le finalità, né sono mai stato contattato da qualcuno». In una affollatissima sala allestita nel cortile di via dell'Umiltà, quartier generale del Pdl, il coordinatore Denis Verdini esordisce così durante una lunga conferenza stampa convocata per chiarire la sua posizione a due giorni dall'interrogatorio fiume davanti ai pm romani che lo indagano per violazione della legge Anselmi nell'ambito dell'inchiesta sulla P3 oltre che per corruzione in quella sugli appalti per l'eolico.
Il rapporto con Dell'Utri e l'attacco a Fini. Davanti ai giornalisti Verdini chiarisce di non aver mai scaricato Marcello Dell'Utri («è un amico fraterno e una persona perbene») e attacca a muso duro Gianfranco Fini che ne aveva chiesto le dimissioni. «È brutto che il tutore delle Camere, della terza Camera, mentre un rappresentante sta a fare 'sto lavoro (l'interrogatorio in Tribunale a Roma, ndr) chiede, anche in forma generica, indiretta, le dimissioni». Poi, quando la conferenza volge al termine, torna sull'ex leader di An. «Il presidente della Camera - aggiunge - mi è parso sgarbato e sconveniente. Poteva evitare di parlare di dimissioni mentre era in corso il mio interrogatorio. Non mi ha tutelato».
Lo scontro con la minoranza interna. Nel cortile del quartier generale del Pdl, il coordinatore non risparmia criche alla minoranza finiana e soprattutto a Italo Bocchino. «Da lui non accetto lezioni di legalità - attacca Verdini - . Vorrei ricordargli che il Pdl si è stretto intorno a lui quando c'è stata una richiesta del gip nei suoi confronti». Il finiano gli risponde a stretto giro mentre la conferenza stampa è ancora in corso. «Verdini con la sua conferenza stampa ha confermato di non essere più in condizioni, anche psicologiche, di fare il coordinatore del Pdl e sarebbero peraltro ancor più opportune le sue dimissioni». Comunque, è l'analisi dell'ex presidente del Ccf, «un chiarimento con la minoranza serve. Noi non vogliamo cacciare nessuno. Ma è evidente che se uno non si trova bene è una sua decisione quella di allontanarsi».
Il pranzo del 2009 con Carboni e Lombardi. L'ex presidente del Credito cooperativo fiorentino respinge ogni addebito a cominciare dall'accusa di far parte di una nuova loggia. «Tutto questo parte - spiega il coordinatore - da un pranzo che si è svolto a casa mia nel settembre 2009 riportato da alcune intercettazioni. In questo pranzo si è parlato della candidatura del giudice Miller. Non conoscevo il giudice Martino, il giudice Lombardi e il giudice Miller. La selezione delle candidature è il mio lavoro. Nessuno mi cita mai dopo quel pranzo, per questo mi sembra strano essere ricondotto alla ormai famosa P3. Non ne conosco nè finalità nè attività. E quanto alla discussione sul lodo Alfano: in quei giorni se ne parlava dappertutto».