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A rischio la «meritocrazia» nei fondi 2010 per gli atenei

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2010 alle ore 17:25.

L'incrocio pericoloso con i tagli agli assegni statali rischia di congelare sul nascere i finanziamenti «meritocratici» alle università, introdotti per decreto dal ministro Mariastella Gelmini a fine 2008. La conferenza dei rettori di oggi avrebbe dovuto esaminare il riparto del fondo di finanziamento ordinario per quest'anno, ma gli ultimi incontri tecnici sono saltati in extremis e se ne riparlerà a settembre: tabelle alla mano, a quanto si apprende si lavora per applicare i parametri legati ai risultati d'ateneo senza danneggiare troppo le università caratterizzate da performance più opache.


La quadratura del cerchio non è arrivata, ma dagli elementi che emergono si può osservare che l'obiettivo è quasi raggiunto, e che mentre la riforma promette di accelerare sui premi (si veda l'articolo a fianco), il presente degli incentivi è a rischio. Le partite sono due, legate ai 550 milioni del «Patto per l'università» del 2007 e ai circa 500 milioni che avrebbero dovuto alimentare i premi alle università migliori.

Sul primo aspetto, l'orientamento è di destinare 460 milioni, cioè l'85% del totale, agli incrementi stipendiali dei docenti, assegnando quindi la fetta più consistente alle università che più spendono per il personale. Una distribuzione di questo tipo nei fatti prosciuga i fondi per il «riequilibrio» che avrebbero dovuto aiutare gli atenei «sottofinanziati», cioè quelli che ricevono dallo stato meno di quanto spetterebbe loro in base alla pagella sulla qualità misurata sul modello del comitato nazionale di valutazione.

Anche sul versante del fondo ordinario, la penuria di risorse lamentata dai rettori sembra aver spento lo slancio meritocratico previsto nelle prime tappe della riforma Gelmini. La regola prevedeva una quota «crescente» negli anni di fondi svincolati dalla spesa storica, e dirottati in base ai risultati di ogni ateneo nella didattica e nella ricerca. L'esordio dell'anno scorso ha dedicato agli incentivi il 7% del fondo ordinario, e per garantire il «progressivo incremento» degli incentivi imposto dal decreto, quest'anno ci si dovrebbe attestare intorno al 7,4%; con un aumento solo formale, perché quest'anno i fondi statali si riducono del 3,72% (al netto dei 400 milioni raccolti con lo scudo fiscale e destinati alle università), per cui il valore assoluto dei «premi» è in diminuzione.

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Tags Correlati: Enrico Decleva | Mariastella Gelmini | Scuola e Università

 

Anche così alleggerita, la partita vera si è incagliata sui criteri di distribuzione di queste risorse. Tra le ipotesi di cui si è discusso c'è anche una sorta di "clausola di salvaguardia" per evitare che nel gioco del dare-avere qualche ateneo perda più del 4% rispetto all'anno scorso; con un paniere di fondi in diminuzione del 3,72%, è ovvio che un criterio come questo determinerebbe in pratica una redistribuzione egualitaria dell'assegno statale, senza nessuna variazione rispetto al 2009.

Le decisioni finali, comunque, si conosceranno solo a settembre, anche se riguardano fondi che dovrebbero essere assegnati a inizio anno. «Comprendiamo le difficoltà – ragiona il presidente Crui Enrico Decleva –, ma a questo punto il ritardo è clamoroso». «In media – fanno eco dal consiglio universitario nazionale – negli ultimi anni l'assegnazione dei fondi avveniva fra marzo e aprile; così qualsiasi strategia diventa impraticabile».

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