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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2010 alle ore 18:18.
Stando a quanto stabilisce l'articolo 16 dello statuto del Pdl, l'ufficio di presidenza dovrebbe essere convocato di norma una volta al mese dal presidente Silvio Berlusconi. Così, però, non è stato ripercorrendo rapidamente la storia del partito del predellino. Ma non è l'unica anomalia che caratterizza uno dei massimi organi statutari del Popolo della libertà. L'altra è legata alla modalità di convocazione visto e considerato che l'ufficio di presidenza può essere convocato anche se a farne richiesta è il 25 dei suoi componenti. Fino a questo momento ciò non è mai avvenuto e l'organo si è sempre riunito su input del Cavaliere. Che ora ha deciso di affidargli la decisione forse più difficile nella storia del Pdl: l'eventuale espulsione dal partito di Gianfranco Fini e dei suoi uomini.
La nuova convocazione è stata fissata per questa sera alle 19. Per quell'ora, a palazzo Grazioli, residenza romana del premier, comincerà il via vai di auto blu che condurranno davanti al Cavaliere gli altri 36 componenti: oltre a Berlusconi, i tre coordinatori del Pdl, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, i capigruppo di Camera e Senato e un nutrito gruppo di ministri. Tutti di comprovata fede berlusconiana, tranne uno, Andrea Ronchi, titolare delle Politiche europee, vicinissimo al presidente della Camera
Gaurdando i numeri, infatti, la partita potrebbe chiudersi ancor prima di essere giocata. Visto e considerato che dentro l'ufficio di presidenza la pattuglia dei fedelissimi di Fini è ridotta ai minimi termini e il rapporto, al netto di Berlusconi, è di 32 a 4. Oltre a Ronchi, a difendere le ragioni dell'ex leader di An, ci sono solo Italo Bocchino, il viceministro allo Sviluppo Adolfo Urso e il sottosegretario Pasquale Viespoli. Più nutrito è invece il gruppo degli ex An che hanno sconfessato il loro leader. Dai colonnelli della vecchia Fiamma tricolore, Ignazio La Russa, Gianni Alemanno, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, al sottosegretario Alfredo Mantovano.
Insomma, gli equilibri sono decisamente a favore del Cavaliere. E non è un caso che, nelle poche occasioni in cui l'ufficio si è riunito, le decisioni assunte abbiano sempre finito per avallare la linea dettata dal premier. L'ultima risale a qualche settimana fa, l'8 giugno, quando Berlusconi decise di convocare l'ufficio di presidenza per blindare il ddl intercettazioni prima dell'iter parlamentare. Salvo poi doversi piegare proprio alle richieste di Fini e dei suoi e alle indicazioni del Quirinale.