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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 16:59.
«Una ulteriore deflagrazione che porterà alla crisi del governo Berlusconi». Giorgio La Malfa guarda «con solidarietà» a quello che è successo, «il presidente della Camera la merita». E pensa che ora si debba «avviare una nuova stagione». Perché di fronte «a una situazione economico-finanziaria allarmante sarebbe irresponsabile andare ad elezioni anticipate». «Pessimo il giudizio sull'esecutivo», perciò sarebbe utile «pensare a un governo tecnico, in grado di affrontare i problemi». Ma senza Silvio Berlusconi.
«La sua legittimazione è finita nel momento in cui ha distrutto il partito unico che aveva costituito, perché l'ha distrutto lui», dice La Malfa che guarda a un governo tecnico che comprenda anche i finiani, un governo in grado di «cambiare l'impostazione della politica economica e di ricostruirla dalle fondamenta».
La pensa diversamente Savino Pezzotta (Udc). «È successo quello che doveva accadere. Non si possono mettere insieme strutture e strategie politiche differenziate e pensare che poi alla fine vengano omogeneizzate». La crisi c'è già, dice l'ex segretario Cisl, «ora bisogna vedere quanto dura». Ma è una crisi «di sistema e di modello». L'Udc resta favorevole all'ipotesi di un governo di unità nazionale con dentro tutti, anche Silvio Berlusconi. Perché «il capo del Pdl è lui». «Non è pensabile un governo di unità nazionale senza il Pdl», sottolinea Pezzotta che rilancia: «il Pdl può fare a meno di Berlusconi?»
Quello che si sta definendo è secondo Linda Lanzillotta (Api) «un nuovo quadro politico, perché la maggioranza che è uscita dalle elezioni non esiste più». Fini dopo lo show down di giovedì sera «ha messo in discussione un sostegno totale al governo». Quindi l'esecutivo «non potrà più governare con i voti di fiducia come è successo finora». Perciò la rassicurazione di Berlusconi sulla stabilità del governo «è priva di fondamento». Presto, secondo Lanzillotta «si arriverà a un nuovo assetto istituzionale». Ma andare a elezioni con questa legge elettorale «sarebbe una sciagura», perché come si è visto sia nell'esperienza del centrosinistra che in quella del centrodestra questo sistema «non riesce ad esprimere una maggioranza coesa al suo interno e omogenea sul piano politico». Serve invece un governo del presidente «che abbia pochi punti di programma, primo fra tutti la riforma elettorale, che superi questo sistema maggioritario». Un governo, dice Lanzillotta, che «Berlusconi non potrebbe mai accettare, certamente non sposerebbe una modifica della legge elettorale. Anche se potrebbe forse essere costretto ad accettarla».