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La lunga corsa di Del Vecchio

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 08:06.


«Compratemi la bicicletta: vedrete, mi servirà a far soldi». Zona Navigli, inverno de1 1949. Il cielo sopra Milano sembra anice, tanto fitta è la nebbia. Fam, frecc, fum. Fame, freddo e fumo, ripetevano i giovani spazzacamini della Val Vigezzo, sopra Domodossola, per descrivere la loro condizione. Leonardo del Vecchio sottoscriverebbe. I capelli rasati a zero, le mantelline nere irrigidite dalla brina: sette anni passati nelle camerate gelide dei Martinitt, l'orfanotrofio dei milanesi, non si dimenticano.
A 14 anni, lui orfano di padre e con quattro fratelli da sfamare, vuol menare mani e piedi: inforca la bicicletta e dopo 61 anni sta ancora pedalando. Leonardo è ordinato e preciso, la sua scrittura rigorosa come una macchina per scrivere. Le suore dei Martinitt lo chiamano quando c'è da vergare una lettera in bella grafia. Alla Johnson di Milano, una fabbrica dove si incidono coppe e medaglie, quella meticolosità è preziosa. Incisore è il suo primo mestiere.
Cinque giorni fa ha inciso una semestrale da incorniciare. Luxottica, la sua prima fabbrichetta a forma di disco volante messa su ad Agordo nel 1961, quaranta chilometri in salita di zigzag tra i fiordi dolomitici dopo essersi lasciati alle spalle l'ultimo casello delle patrie autostrade, ha chiuso i primi sei mesi dell'anno con un utile netto di 245,1 milioni di euro, in aumento del 26,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. I ricavi hanno sfiorato i tre miliardi (2,986 miliardi per la precisione) e verosimilmente veleggiano verso i sei miliardi nei 12 mesi.
In quella fabbrichetta cominciarono a costruire montature di occhiali Leonardo, Luciana, la prima moglie, e uno dei suoi quattro fratelli. Nel 1968, quando ingaggia il suo capo officina, Luigi Francavilla, che ancora oggi dirige la fabbrica agordina, Leonardo si presenta comunicando al neo assunto che in officina ci sono sette operai. Francavilla li conta ma in realtà sono solo sei. «Dov'è il settimo?» chiede a Del Vecchio. «Eccomi, sono io» risponde Leonardo.
Ora agli ordini di Francavilla, ad Agordo, di dipendenti ce ne sono 3.500. Il sindaco Renzo Giavaz non sa più quale montagna piallare per scovare un metro quadro in più degli 82mila rubati pietra dopo pietra alla frazione di Valcozzena. Ormai le fabbriche italiane sono sei, cinque nel Nordest, una a Torino (la ex Persol). Altre due in Cina, a Dongguan, nella regione del Guangdong, la Agordo del Paese di Mezzo, e poi India e Usa. In totale fanno 60 mila dipendenti nel mondo, 40.600 dei quali gli occhiali non li costruiscono ma li vendono (Usa e Canada generano da soli il 60% dei ricavi di Luxottica group), Australia e Cina. Se qualcuno si chiedesse come mai Luxottica sia diventato il primo marchio mondiale nella produzione e vendita di occhiali è dal retail che deve partire. O per dirla con il linguaggio degli economisti, dalla verticalizzazione. «Dal produttore al consumatore», si diceva ai tempi di Carosello. E quando nel 1995 Del Vecchio compra negli Usa la più grande e capillare catena americana di negozi, la LensCrafters, gli analisti si affannano a ripetere che è una mossa troppo azzardata per un gruppo che solo cinque anni prima si è quotato al New York Stock Exchange (alla Borsa di Milano arriverà solo dieci anni dopo). Del Vecchio, col suo sguardo sornione, rispose senza enfasi: «Azzardo? Il rischio non si addice al mio carattere». Già, il brivido del rischio non appartiene al secondo uomo più ricco d'Italia, alle spalle di Michele Ferrero, il signor Nutella, e davanti Silvio Berlusconi nelle classifiche 2010 di Forbes.

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Tags Correlati: Armani | Borsa di Milano | Brooks Brothers | Cina | Foncière des Régions | Imprese | Italia del Nord | Leonardo Del Vecchio | Leonardo Maria | Luca Goldoni | Merloni | Michele Ferrero | NYSE Euronext | Renzo Giavaz | Sabina Grossi | Safilo | Silvio Berlusconi

 

Gli analisti bissano la topica quattro anni dopo, quando Luxottica compra Ray-Ban, uno dei marchi degli occhiali da sole più famosi al mondo. «Come farà Del Vecchio a guadagnare dove gli americani hanno collezionato solo perdite?». La risposta fu altrettanto secca: «Che cosa vi aspettavate da un gruppo che vende aspirine, liquidi detergenti per le lenti e occhiali? Noi sappiamo fare solo una cosa». Sei mesi dopo l'acquisizione di Ray-Ban i ricavi schizzano del 21,6 per cento.
La verticalizzazione e il fiuto non spiegano tutto. Gli occhiali da sole griffati, da Giorgio Armani, suo socio e amico fraterno, a Chanel passando per l'americana Oakley, hanno conferito quell'allure modaiola che le protesi da vista non avranno mai. Certo, dal 2002 gli occhiali firmati Armani sono passati alla concorrente Safilo, ma ormai Luxottica era decollata.
Del Vecchio è un one man show che sbaglia raramente. E quando sbaglia lo capisce in fretta. I due imprenditori con i quali durante la sua carriera è entrato in società li ha liquidati entro i 12 mesi. Aurea per lui la massima di Cesare Vivante, il padre del diritto commerciale italiano: «Le società migliori sono quelle nelle quali uno dei due soci muore la notte immediatamente dopo la firma del contratto».
Per decenni Leonardo è stato presidente e amministratore delegato del gruppo, accanto a lui due uomini fidatissimi e inseparabili che ora siedono di diritto nel consiglio di amministrazione: Roberto Chemello, storico direttore generale, e Luigi Francavilla, l'ex capofficina ora vicepresidente del gruppo. Con Francavilla, per anni, hanno convissuto in fabbrica dalle otto di mattina a mezzanotte. «Alle tre del mattino caricavo la macchina di occhiali e correvo verso Milano per consegnarli agli ottici: stavo in piedi a forza di simpamina» ricorda Del Vecchio. Altro chiodo fisso è la separazione tra proprietà dell'azienda e gestione. Niente fratelli coltelli o figli smaniosi di succedere al padre, le tare che hanno dilaniato molte aziende di successo del Nordest e non solo. Claudio Del Vecchio, il primo dei tre figli del primo matrimonio (le altre due sono Marisa e Paola), gestisce felicemente la società americana che confeziona le camicie e l'abbigliamento Brooks Brothers. A lui, come a Chemello e Francavilla, un posto assicurato nel Cda.
Una confraternita di amicizie inossidabili che alla fine del 2004, sei mesi prima che Leonardo compia i fatidici 70 anni, accoglie come il figliol prodigo Andrea Guerra. È giunto il momento di ibridare quel gruppo coeso che fatto la fortuna di Leonardo: serve un amministratore delegato giovane e determinato che guidi la multinazionale numero uno al mondo nella produzione e vendita di occhiali nel mare periglioso della globalizzazione. Leonardo non fallisce la scelta neppure questa volta: Guerra, per anni uomo guida della Merloni elettrodomestici di Fabriano, possiede purezza e meticolosità a somiglianza del Padre. La sua frase preferita: «Parlare e ascoltare sono due verbi di cui ogni tanto ci scordiamo».
Una leadership dolce e dialogante, ma implacabile nel momento delle scelte. Adesso Leonardo può godersi il buon retiro nella tiepida Montecarlo. Le sue passioni sono lo yacht di 62 metri, il Moneikos, costruito dai cantieri Codecasa di Viareggio, e il ruolo di azionista chiave in uno dei salotti buoni della finanza francese, la società immobiliare Foncière des Régions, che somma alla poltrona nel board delle Assicurazioni Generali, di cui possiede il 2,06 per cento.
Una volta al mese fa visita ad Agordo e qualche capatina nel quartier generale di Milano, in via Cesare Cantù, proprio sotto la Madonnina. Ai tre figli del primo matrimonio e a quelli arrivati in età matura (Leonardo Maria, Luca e Clemente) uno avuto dalla seconda moglie, altri due da Sabina Grossi, l'attuale compagna ed ex responsabile investor relations del gruppo - anche lei nel Cda - sono intestate il 67,7% delle azioni del gruppo attraverso la holding lussemburghese Delfin Sarl. A Leonardo Del Vecchio, in fondo, è toccata la sorte dei suoi dipendenti. Nel 1990 confessava a Luca Goldoni: «Le persone che entrano da noi ci restano fino alla pensione. Qui lavorano, vivono, e spesso trovano persino l'anima gemella».
Il moneikos Leonardo due anime gemelle su tre le ha incontrate in azienda. E lux (ottica) fu.
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LE TAPPE DELL'ASCESA

Il primo impianto del 1961
L'impero di Leonardo Del Vecchio nasce ad Agordo nel 1961, dove il giovane ex Martinitt avvia con un fratello e la prima moglie una produzione di occhiali che di persona consegna durante la notte nei negozi del nord Italia
La fase dell'espansione
La crescita di Luxottica è dovuta sia alla capacità di Del Vecchio di investire in tecnologie di produzione sia nella rete di distribuzione. L'artigiano che aveva iniziato ad Agordo, sfruttando le proprie capacità manuali, ha investito nell'automazione degli impianti e nell'acquisizione di catene di negozi
L'acquisizione di Ray-Ban
Sullo scorcio degli anni 90 Luxottica fa il grande passo acquistando la casa di occhiali da sole fra i più famosi al mondo, la Ray-Ban. I dubbi del mercato sulla capacità di Del Vecchio di risanare il gruppo Usa sono molti: svaniscono dopo sei mesi quando i ricavi balzano del 21,6%

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